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Bibbiano

Redde rationem per Bibbiano

E così, finalmente, siamo arrivati al redde rationem: se il Covid lo consentirà, alle 9,30 di venerdì 30 ottobre, in un’aula del tribunale di Reggio Emilia, dovrebbe cominciare l’udienza preliminare che deciderà sul rinvio a giudizio dei 24 imputati per i fatti di Bibbiano. Al centro del caso, affidato al giudice Dario De Luca, c’è il presunto allontanamento illecito di una decina di bambini a opera dei servizi sociali della Val d’Enza, un comprensorio di otto Comuni emiliani stretti attorno a Bibbiano, e il conferimento senza alcuna gara agli psicologi del centro studi Hansel e Gretel di Moncalieri di terapie psicoanalitiche per circa 200mila euro in quattro anni.

E così, finalmente, siamo arrivati al redde rationem: se il Covid lo consentirà, alle 9,30 di venerdì 30 ottobre, in un’aula del tribunale di Reggio Emilia, dovrebbe cominciare l’udienza preliminare che deciderà sul rinvio a giudizio dei 24 imputati per i fatti di Bibbiano. Al centro del caso, affidato al giudice Dario De Luca, c’è il presunto allontanamento illecito di una decina di bambini a opera dei servizi sociali della Val d’Enza, un comprensorio di otto Comuni emiliani stretti attorno a Bibbiano, e il conferimento senza alcuna gara agli psicologi del centro studi Hansel e Gretel di Moncalieri di terapie psicoanalitiche per circa 200mila euro in quattro anni.

 

I 106 capi d’accusa per 24 imputati

La lista dei capi d’accusa stilata dal pubblico ministero Valentina Salvi, cioè l’elenco dei fatti nei quali la procura di Reggio ha ravvisato altrettanti reati, è lunghissima: sono addirittura 106. I principali sono la falsa perizia «anche attraverso l’altrui inganno», la frode processuale, il depistaggio, il falso ideologico in atto pubblico, i maltrattamenti e la violenza privata, le lesioni dolose gravi e gravissime, la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche il peculato d’uso, l’abuso d’ufficio, la minaccia a pubblico ufficiale, la rivelazione di segreto in procedimento penale.

Al suo inizio, quando l’inchiesta «Angeli e demoni» è emersa grazie agli arresti, il 27 giugno 2019, gli indagati erano 27, ma uno è stato prosciolto in istruttoria su richiesta del pubblico ministero: è Marco Scarpati, avvocato e consulente legale dell’Unione dei Comuni della val d’Enza, i cui incarichi sono stati riconsiderati leciti. Ha invece patteggiato Cinzia Magnarelli, un’assistente sociale di Montecchio, che ha ammesso di aver falsificato alcune relazioni riguardanti minori da allontanare da casa (una testimonianza importante per l’accusa, che così ha ottenuto un punto di conferma in più, oltre alle intercettazioni) e ha ottenuto di uscire dal procedimento penale lo scorso febbraio, concordando con l’accusa la pena di un anno e otto mesi.

 

Gli accusati al centro del processo: Nadia Anghinolfi e Claudio Foti

Nell’attesa dell’udienza preliminare, le difese di due tra i principali imputati hanno utilizzato le ultimissime settimane per fare mosse di rilievo, una di tipo tecnico e l’altra mediatica. Gli avvocati di Federica Anghinolfi, l’ex responsabile dei servizi sociali di Bibbiano e dintorni che è stata accusata di falso ideologico, falsa perizia, violenza privata, tentata estorsione e truffa aggravata, hanno annunciato un’istanza per trasferire il processo in un altro tribunale perché a Reggio Emilia esisterebbe «un pregiudizio negativo per gli imputati e, in particolare, per la nostra assistita».

Claudio Foti, lo psicologo di Pinerolo accusato di frode processuale, abuso d’ufficio e lesioni personali su una delle giovani pazienti di Bibbiano, ha invece ottenuto a sorpresa dal Partito radicale una conferenza stampa difensiva, nella quale è stata contestata la «mostrificazione» che l’indagato avrebbe subito. L’iniziativa garantista dei radicali, cui hanno preso parte i suoi difensori e psicologi, ha destato qualche sommessa polemica in quanto più volte, in passato, la stessa scuola di Foti e il suo metodo d’indagine psicologico applicato a minori presunti abusati hanno alimentato procedimenti penali nei quali è stato brutalmente calpestato proprio il garantismo che (peraltro correttamente) oggi viene invocato nei suoi confronti.

Ad Anghinolfi sono dedicati 65 dei 106 capi d’imputazione,: le accuse vanno dalle false relazioni per l’allontanamento dei bambini al depistaggio, ma l’imputata viene rimproverata anche di avere ostacolato le indagini e di minacce a pubblico ufficiale per essersi rivolta con toni aggressivi alla polizia municipale chiedendone l’intervento durante una discussione con un genitore. Avrebbe sfruttato il suo ruolo facendo pressione sui suoi sottoposti, indotti a scrivere false dichiarazioni. Per gli inquirenti, Anghinolfi sosteneva fosse necessario mettere al sicuro i bambini, difenderli da «una setta di pedofili».

 

Il ruolo del sindaco di Bibbiano, Andrea Carletti

Tra i 24 imputati è stato confermato anche Andrea Carletti, il sindaco di Bibbiano, del Partito democratico, sul cui nome per mesi si è combattuta una durissima polemica politica. Quando nei suoi confronti sono decaduti gli arresti domiciliari, compagni di partito e sostenitori si sono scagliati contro l’accusa e soprattutto contro i detrattori politici (nell’estate 2019 Luigi Di Maio, allora capo del Movimento 5 stelle, aveva parlato del Pd come del partito che «toglieva i bambini alle famiglie per venderseli», e aveva giurato che non avrebbe mai permesso un’alleanza) sostenendo erroneamente che il sindaco da quel momento era uscito dal processo.

In realtà l’accusa ha chiesto il rinvio a giudizio anche per Carletti, confermando entrambe le accuse iniziali nei suoi confronti: l’abuso d’ufficio e il falso ideologico. Aggredito sui social media, politicamente contestato da leghisti e grillini, ma sempre difeso a spada tratta dal Pd, secondo la procura di Reggio Emilia Carletti si sarebbe «reso responsabile di episodi che costituiscono un espressivo indice del suo modo di comportarsi», e avrebbe dato «copertura politica continuativa e siste­matica all’attività degli altri indagati».

Nell’ordinanza si legge anche che il sindaco sarebbe «pie­namente consapevole dell’illiceità del sistema» e dell’as­senza di qualunque forma di gara «volta all’affidamento del servizio pubblico di psicoterapia a soggetti privati», cioè gli psicologi di Foti. Con questa consapevolezza avrebbe disposto lo stabile insediamento dei terapeuti della onlus Hansel e Gretel all’interno della struttura pubblica La Cura»: il centro di acco­glienza finan­ziato dall’Unione della Val d’Enza.

 

Carletti, inoltre, avrebbe più volte sostenuto e sponsorizzato Hansel e Gretel, anche «attraverso pubblici convegni e dibattiti organizzati a Bibbia­no, di cui si rendeva egli stesso relatore, e ai quali venivano invitati a partecipare (retribuiti) Foti e la Bolognini».

 

Tra il 2014 e il 2018, sempre secondo l’accusa, il Comune di Bibbiano ha pagato alla onlus di Foti oltre 182mila euro soltanto per le diagnosi dei bimbi presunti maltrattati e per le sedute di psicoterapia, condotte presso il centro La Cura o altrove. E per favorire «con l’ingiusto profitto» il Centro Hansel e Gretel – retribu­ito peraltro con compensi «doppi rispetto ai prezzi di mer­cato» – l’amministrazione guidata da Carletti avrebbe anche più volte «consapevolmente violato» le norme del Codice degli appalti, che proibiscono agli enti pubblici di affidare direttamente servizi d’importo superiore ai 40mila euro, ob­bligandoli invece a indire gare con almeno tre preventivi.

Infine, il 12 dicembre 2018, a indagini ormai avviate (quindi anche in presenza di intercettazioni e pedinamenti), Carletti si sarebbe incontrato con i dirigenti dei servizi sociali e con la moglie di Foti, la psicologa Nadia Bolognini, allo scopo di creare documenti per «spacchettare» le cifre dei compensi destinati al centro Hansel e Gretel, in modo da scendere sotto la soglia prevista dal Codice degli appalti.

 

L’avvio del processo

L’udienza preliminare non si esaurirà di certo il 30 ottobre. Gli imputati sono tanti ed è lunga anche la lista dei testi e delle vittime dei presunti reati, così come sono stati indicati dalla procura. È quasi certo che, tra loro, si costituirà parte civile il ministero della Giustizia, che così affiancherà l’accusa con i suoi testimoni. La scelta processuale del ministero significa evidentemente che il Tribunale dei minori di Bologna desideri essere considerato a pieno titolo come vittima di quanto è avvenuto a Bibbiano e dintorni, in quanto i suoi magistrati sarebbero stati deliberatamente ingannati dagli assistenti sociali (e in certi casi anche dagli psicologi) sui motivi alla base degli allontanamenti dei bambini dalle loro famiglie. Già quando la mattina del 30 ottobre comincerà l’udienza davanti al giudice De Luca, quindi, in aula dovrebbe esserci anche un avvocato in rappresentanza del governo. Si vedrà se faranno altrettanto la Regione Emilia Romagna, governata dal Pd, e il Comune di Bibbiano.

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