Se è vero che tre indizi fanno una prova, ormai alla buona fede della Cina non credono più nemmeno gli ultrà prezzolati o ideologicamente affini della grancassa mainstream del PCC (acronimo di Partito Comunista Cinese, ndr).
Tant’è che l’utilizzo del «complottismo» come calderone in cui gettare a prescindere tutte le notizie che inchiodano Pechino alle proprie responsabilità ormai non regge più: la verità ha rotto gli argini grazie a un flusso di fatti che, settimana dopo settimana, sta riuscendo nell’impresa di spazzare via le ridicole teorie propagandistiche addotte dal regime comunista cinese.
Noi di Orwell.live siamo orgogliosi di essere stati tra i primi, in Italia, ad aver avuto il coraggio di esporsi e, noncuranti dell’onta complottista, abbiamo svolto un lavoro di ricerca estremamente impegnativo, dal quale si evince nitidamente – in punta di Diritto Internazionale – come la Cina dovrà risarcire i paesi colpiti dal coronavirus a causa dei reiterati tentativi d’insabbiare una pandemia le cui origini sono tutto fuorché chiare.
Lo studio realizzato dalla Harvard Medical School, Boston University of Public Health e Boston Children’s Hospital, dopo un’analisi delle immagini satellitari dei parcheggi dei principali centri ospedalieri di Wuhan, mette in evidenza l’anomalo incremento del numero di veicoli fermi davanti ai principali ospedali di Wuhan a partire dallo scorso settembre suggerisce che il coronavirus potrebbe essersi diffuso in città già mesi prima di quanto non sia stato riconosciuto dalle autorità di Pechino.
Secondo lo studio pubblicato lunedì dalla Cnn, le immagini mostrano «un forte incremento» del numero di auto a partire da agosto 2019, con un picco a dicembre. Inoltre, tra settembre e ottobre, in almeno sei ospedali si è registrato il numero massimo di afflusso di auto.
Gli autori dello studio hanno anche appurato che le ricerche online di parole riconducibili a sintomi da Covid-19, come «diarrea» e «tosse» sono notevolmente aumentate circa tre settimane prima del picco dei contagi confermati in Cina a fine 2019.
Nello stesso periodo si incastra un altro evento ufficialmente collegato all’organizzazione dei Giochi mondiali militari, che si sono svolti a Wuhan dal 18 al 27 ottobre: come riporta il periodico Bitter Winter «in vista dell’evento, l’amministrazione ha “abbellito” la città distruggendo abitazioni e attività economiche della popolazione e facendo chiudere i luoghi di culto, con il risultato di suscitare il risentimento degli abitanti».
Bitter Winter racconta poi di aver ricevuto numerose testimonianze «di come la gente comune abbia sofferto a causa dell’ennesimo progetto di vanagloria del Partito».
Centinaia di fabbriche e luoghi di culto chiusi, forniture di gas ed elettricità tagliate e l’ordine di smantellare gli schermi a LED «era la linea politica dello Stato, in modo che non potesse apparirvi nulla contro il presidente Xi», ha dichiarato il proprietario di un negozio al periodico diretto da Massimo Introvigne.
È sufficiente mettere in ordine cronologico questi elementi per comprendere che nei mesi scorsi Wuhan non sia stata il malcapitato epicentro della pandemia, ma lo scenario di eventi che messi insieme diventano davvero troppi per lasciare spazio all’ipotesi della casualità.
Per come la vedo, moltissimo, se non tutto del ruolo giocato dal regime cinese nell’esplosione del coronavirus possiamo leggerlo nella repressione scattata immediatamente nei confronti del dottor Li Wenliang, che il 30 dicembre 2019 venne arrestato e interrogato per aver condiviso con alcuni suoi colleghi informazioni relative su quel nuovo virus «simile alla SARS» e il 7 febbraio morì per coronavirus.
Come riportato dal Washington Post, nel 2018 alla Casa Bianca giunsero due rapporti che segnalavano le pessime condizioni di sicurezza del Wuhan Institute of Virology: possibile che il passaggio del virus dall’animale all’uomo avvenisse “casualmente” nello stesso luogo in cui ha sede il centro in cui si svolgono attività esattamente su quel tipo di virus? Per la legge dei grandi numeri è possibile, certo, ma poco probabile.
Attenzione, questo non equivale ad affermare che la Cina abbia diffuso il coronavirus intenzionalmente, ma ad oggi che si tratti di dolo o incidente nella sostanza cambia poco perché a parlare più di ogni altra cosa sono gli oltre 400mila morti di coronavirus, a cui vanno sommati i danni collaterali, che sono incalcolabili.
Un prezzo decisamente troppo alto, anche per i simpatizzanti (facile, standosene al sicuro e liberi in Occidente) di quell’associazione a delinquere che risponde al nome di Partito Comunista Cinese.