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Influencer

«Vi racconto come ho contribuito al fenomeno influencer in Italia»

Nerd però “figo”, un accento riconoscibile ma non localizzabile, empatico: se solo volesse, avrebbe tutte le carte in regola per mettersi dall’altra parte della videocamera e diventare egli stesso uno youtuber di successo. Epperò, avendo un mentore come Cecchetto, per Stefano Longoni è stato fisiologico seguirne le orme, trasponendo la sua capacità di scovare talenti dalle musicassette con i provini inviate per posta, ai video postati su Youtube. In mezzo sembrano esserci secoli, eppure parliamo “soltanto” di qualche lustro, un lasso di tempo brevissimo che è stato però sufficiente perché la rivoluzione digitale potesse manifestarsi, cambiando tutto e… tutti.

«A 3 anni ho ricevuto il mio primo personal computer (un 186) e appena arrivato internet sono letteralmente impazzito. Poi, a 20 anni, ho iniziato a lavorare in radio tenendo una mia rubrica sui videogames in cui raccontavo agli ascoltatori la mia esperienza di gioco, riuscendo a trasmettere loro il tutto mio entusiasmo. Diciamo che ero una sorta di moderno gamer, ma radiofonico. Quella radio era Hit Channel (gruppo RTL 102.5) e il direttore artistico era un certo Claudio Cecchetto. Il programma nel quale tenevo la rubrica era condotto da Francesco Facchinetti, mio cugino, che poi grazie allo stesso Cecchetto fece successo con La canzone del capitano, diventando per tutti Dj Francesco. Da lì in poi iniziai a seguire Francesco come personal manager e proprio grazie a questo ebbi la fortuna di poter assistere al miracolo della “creazione” di Cecchetto e di appassionarmi a quello che faceva quest’uomo e, più in generale, al mondo dello scouting. Parliamo di 10 anni fa. Così iniziai a guardare al mondo di YouTube: seguivo fenomeni come Fedez, Matano, Emis Killa… e osservandoli ho pensato che avrei potuto fare il Cecchetto della situazione. Così li ho contattati per vedere se essere gestiti da un manager potesse interessargli.»

Molti, tra cui Rovazzi e altri (citiamo Leonardo Decarli, Il Pancio, I Soldi Spicci, GabboDSQ, Dread, Just Rohn, Bouchra, Carm4gheddon, Alle Tattoo, ecc.) risposero presente. Cosa facevi per loro?

Fabio (Rovazzi, ndr) era già un fuoriclasse, ma a quel tempo non era ancora troppo popolare: si dava da fare pubblicando i video sulla sua pagina Facebook. Il mio compito era quello di posizionarli su diversi media e capire come farli lavorare. Ho individuato aziende con il target del loro pubblico, e ho iniziato a mandare un centinaio di email al giorno: in un mese ricevevo circa 10 risposte, dalle quali riuscivo a fissare 3 appuntamenti e, da questi, magari un cliente da 1000 euro per un contenuto capace di arrivare 500mila visualizzazioni.

A quel punto come ti comportasti?

Mi inventai gli eventi live, perché volevo un riscontro reale, fuori da internet, ricordo il primo evento con Leonardo Decarli: fu un delirio, migliaia di ragazzi venuti a vederlo. Così potei chiamare le aziende mostrando loro che c’era un riscontro reale. Ma mancava ancora qualcosa.

Cioè?

Andammo a beccare un ragazzino che si chiama Favij (Lorenzo Ostuni), e manco a farlo apposta ricevemmo un messaggio da parte di un redattore di Repubblica.it, che mi chiedeva un video per il figlio che era un suo fan. Da lì partì il ruolo di Favij come inviato alle fiere di gaming più importanti al mondo: da quando Repubblica ne parlò, anche altre testate se ne interessarono e, di fatto, si aprì, il mercato con l’interesse dei brand per questo genere di personaggi. È un mercato che oggi vale circa 82 miliardi all’anno nel mondo ed è in costante crescita.

Oggi Stefano è founder, insieme a Marco Di Gioacchino, di Etciuu, startup che offrirà agli influencer una piattaforma che consentirà loro di gestire autonomamente la propria fanbase e di aumentare i propri ricavi grazie a servizi a pagamento come, giusto per fare un esempio, videochat one to one con i propri fan.

Un’idea nata dai cambiamenti delle piattaforme di riferimento (YouTube, Instagram, Facebook, ndr) e dal conseguente mutare del mercato, giusto?

Esatto. Oggi Youtube ha chiuso i rubinetti: fino a tre o quattro anni fa gli influencer guadagnavano molto di più dalle views dei propri video, mentre oggi fanno molta fatica. Alla base di tutto c’è un problema: che i prodotti di alta qualità online non funzionano, perché la gente ha dimostrato di apprezzare altro. Basti pensare che YouTube ha dovuto rivedere le politiche pubblicitarie in quanto molti brand si lamentavano del posizionamento adv a causa del contenuto “borderline” di alcuni canali. Oltre a questo aspetto bisogna considerare che Facebook e Google fanno i loro interessi, che essenzialmente significa far vedere i contenuti di chi paga, dando meno spazio agli altri. Risultato: il crollo verticale della visibilità cosiddetta organica. Per farti un esempio, se prima l’algoritmo mostrava un tuo contenuto al 20 o al 30% dei tuoi follower, oggi senza pagare se va bene arrivi al 5.

Già, questo presupposto è uno dei capisaldi della nostra filosofia. Da qui l’idea di creare una piattaforma che garantisca agli influencer di avere la piena titolarità dell’audience che si sono costruiti negli anni…

Infatti, oggi hanno il problema di non poterla gestire direttamente, perché appartiene ai social network stessi. Grazie ad Etciuu gli influencer non solo diventano –  per sempre – padroni dei propri contatti, ma aumentano le performance dei propri contenuti e quindi dei ricavi pubblicitari correlati, ed usufruiscono di una serie di servizi disegnati ad hoc per originare nuove fonti di ricavo grazie alla propria fanbase.

Tipo?

La Polizza Assicurativa: il sistema che garantisce per sempre la paternità dei dati dei propri fans agli influencers; la Notifica Diretta: per contattare i fan via mobile in maniera certa e personalizzata, bypassando le limitazioni dei social network; il Marketplace Servizi: una soluzione completa di video-chat, video-messaggi, organizzazione di eventi ed e-commerce, per generare nuovi ricavi senza alcuna fatica e l’ Etciuu Coin Wallet: il sistema di fidelizzazione basato sugli etciuu-coins, crediti premio per incentivare i fan ed aumentare il loro engagement.

Be’, sicuramente disruptive! Chi fosse interessato dove potrà trovarvi?

Sul nostro sito web, e anche su Muum Lab, dove è attivo il nostro crowfunding.

Ora qualche domanda flash. Qual è il tuo social preferito?

Sono un amante di Facebook, che è una piattaforma devastante: nel mercato della pubblicità non ha rivali, se nessuno li limiterà avranno presto il monopolio mondiale della comunicazione.

In questi anni hai visto anche degenerazioni del fenomeno social?

Come no, esistono instagrammer che avrebbero davvero bisogno dello psicologo: passano le loro giornate a farsi selfie e diventano letteralmente matti per i like che prendono oppure no.

Domanda da un milione di dollari: come dobbiamo fare per diventare influencer?

Ognuno di noi è già un influencer capace di “influenzare” i propri contatti sui social: basta postare una foto con una maglia con un brand oppure la recensione di un ristorante e il gioco è fatto, indipendentemente dal numero di follower che abbiamo.

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è consulente di marketing strategico, keynote speaker e docente di branding e marketing digitale all’International Academy of Tourism and Hospitality. È stato inviato di «Vanity Fair» negli Stati Uniti per seguire Donald Trump, a Kiev per la campagna elettorale di Zelensky, collabora con diversi media ed è autore di 10 libri. Nel 2016, per promuovere la versione inglese de Il Predestinato ha inventato la sua finta candidatura alle primarie repubblicane sotto le mentite spoglie del protagonista del romanzo, il giovane Congressman Alex Anderson. Una case history di cui si sono occupati i principali network di tutto il mondo.

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