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Cultura

Impariamo dagli algoritmi

È il topic più caldo del momento e merita un importante battito fuori e dentro i teatri decisionali, sia per quello che sarà l’indirizzo programmatico a livello macro (nazionale e internazionale), ma anche per educare ogni singolo utente a un utilizzo sano di device, app e programmi che si fanno, di giorno in giorno, sempre più potenti.

La questione etica nasce in modo quasi naturale per mantenere l’essere umano al centro di questi importanti cambiamenti e favorire uno sviluppo autentico delle tecnologie, ma senza un dibattito in questo senso, portato avanti su tutti i livelli della società civile, il progresso rischia di rimanere meramente tecnologico.

Se la direzione quindi è quella di una AI altamente al di sopra della nostra capacità di comprenderla e governarla, a latere del dibattito sulle sue applicazioni e sull’impatto che queste possano avere (oppure già hanno) sulla vita e le relazioni quotidiane, c’è qualcosa degli algoritmi, del loro funzionamento, che può insegnarci qualcosa.

È ormai chiaro a tutti che, quando apriamo un social, il feed che andiamo a scrollare è tendenzialmente composto da quei post affini al nostro pensiero, ai nostri interessi, alle nostre attività e via dicendo.

Gli inaccessibili algoritmi, per farci restare il più possibile connessi, ci mostrano un mondo che ci piace, armonioso e organico rispetto alle nostre stesse preferenze. Di fatto, però, escludono il mondo reale che è, per definizione, eterogeneo. Di fatto ci isolano: fatto curioso per un social network.

Per chi langue comodamente nelle enclave social, il rischio è che si finisca per pensare che quello che scrolliamo sul nostro smartphone sia l’unico mondo esistente. Siamo tutti legati dalla stessa causa, ci piace quel tipo di musica o stile, siamo pro o contro un determinato governo e non manchiamo occasione per affermare il nostro pensiero col plauso del nostro piccolo seguito. Tuttavia le cose stanno diversamente. Quella è solo una parte della totalità diversificata che costituisce la società, e i social stessi.

Allora l’atto davvero innovativo è quello di comprendere non tanto il funzionamento dei famigerati algoritmi, quanto la loro logica, per uscire dagli schemi e conoscere l’altro. Perché i social network funzionano esattamente come la società: ci indirizzano verso ciò che è “giusto” (per noi), delimitano o nascondono ciò che pensiamo “sbagliato”.

Uscire da queste logiche significa perciò rapportarsi a un mondo diverso dal nostro, ma decisamente vicino, perché ciò che ci fa inorridire sui social potrebbe essere stato scritto dal nostro vicino di casa.

Se siamo ancora superiori alle intelligenze artificiali, non è forse il caso di mettere da parte i social e affrontare, con il fine di comprendere, ciò che è diverso?
Dopo tutto, anche una bella litigata, è meglio se fatta dal vivo.

Written By

è consulente di marketing strategico, keynote speaker e docente di branding e marketing digitale all’International Academy of Tourism and Hospitality. È stato inviato di «Vanity Fair» negli Stati Uniti per seguire Donald Trump, a Kiev per la campagna elettorale di Zelensky, collabora con diversi media ed è autore di 10 libri. Nel 2016, per promuovere la versione inglese de Il Predestinato ha inventato la sua finta candidatura alle primarie repubblicane sotto le mentite spoglie del protagonista del romanzo, il giovane Congressman Alex Anderson. Una case history di cui si sono occupati i principali network di tutto il mondo.

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