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Cultura

Le campane a festa

Una persona a me cara mi raccontava, proprio qualche giorno fa, che aveva cinque anni quando la nonna lo mandava in chiesa tutte le mattine, alle 6, con l’incarico di suonare le campane e servire Messa, per poi tornare rapidamente a casa, bere una tazza di latte e correre a scuola.

Nonostante il sacrificio di una levata così mattiniera il ricordo più caro, rimastogli nel cuore, era la gioia di suonare le campane, anche a festa, tirando le corde secondo i numeri che componevano la melodia. Ieri sera seguivo la Veglia Pasquale del Papa in televisione e all’atto della Resurrezione hanno inquadrato le campane di San Pietro che suonavano a festa e anche quelle del Duomo della mia città risuonavano in lontananza.

E il pensiero è corso all’aneddoto del mio amico e al fatto che mi mancava sentire il suono delle campane, quelle della domenica, che battono e ribattono diffondendosi in tutte le vie cittadine. L’essere costretti a casa ci sta facendo riapprezzare tante cose, piccole e grandi, che si sono sempre date per scontate o quasi o alle quali si è prestata poca attenzione: le campane sono tra queste. Simbolo della Pasqua, insieme con le palme, l’ulivo e la colomba bianca, annunciano la Resurrezione di Gesù e il desiderio di comunicare a tutti la grandezza di tale evento.

Le campane sono, quindi, un sistema di comunicazione, il cui fascino rimane imperituro, una sorta di moderno “WhatsApp”, che con un solo rintocco trasmette a chiunque la ascolta un preciso messaggio. Proprio così, le campane, un tempo e forse ancora oggi, indicano ai cittadini lo scorrere delle ore, quando alzarsi, quando smettere di lavorare e quando pregare: un tocco dal suono più cupo scandisce le ore mentre un rintocco più acuto e breve corrisponde al quarto d’ora e così batte per una, due o tre volte. A secondo della melodia preannunciano un matrimonio o un funerale, una festa o una semplice funzione religiosa.

Quando, nel periodo estivo, dormivo a casa dei miei nonni, la cui abitazione era collocata vicino a un convento, a tre chiese e al Vescovado, facevo fatica a prendere sonno perché le campane, e vi garantisco che erano davvero tante, si rincorrevano a battere i minuti e le ore, entrando prepotentemente dalle finestre, aperte per la calura estiva, e invadendo tutte le case del paese. Ma nel loro linguaggio arcaico le campane, aiutate dalla durevolezza del loro materiale, osservano dall’alto dei campanili il susseguirsi di generazioni, mode e tradizioni e restano spettatori senza tempo dei fatti del Mondo.

E pensare che per tante culture hanno rappresentato la voce del popolo, erano sentinelle nel periodo di guerra o richiamo di adunata per gli uomini in caso di calamità, così che lasciavano il lavoro per riunirsi nella piazza: era il cosiddetto “suono a martello”, dove il batacchio veniva usato a mano, per consentire l’emissione di un suono forte e ripetuto in maniera molto ravvicinata. Ma le campane svolgevano anche funzioni magiche laddove, nell’antichità, venivano suonate in presenza di forti e pericolosi temporali, con lo scopo di allontanare i fulmini, la grandine e la pioggia.

Trattavasi di tradizioni popolari che portavano in sé anche un larvale principio scientifico: le campane venivano utilizzate scaramanticamente contro il maligno, scacciandolo con la forza del suono ma, in realtà, le vibrazioni emesse dal bronzo contribuivano a creare disturbo, seppur leggero, alle onde elettromagnetiche provocate dalla tempesta. Quale simbolo di protezione benaugurale sulle case, le persone e le campagne, le campane venivano posizionate sempre più in alto, così che il suono raggiungesse aree sempre più vaste: da qui il sorgere di campanili sempre più alti nell’architettura delle chiese. Ma chi ha creato le campane e quando?

I cultori della materia sono tanti. Possiamo dire che la storia di questo strumento musicale affonda le sue radici in tempi antichissimi. Ci sarebbero fonti storiche che ne indicano l’uso in oriente già tremila anni prima della nascita di Cristo. I Cristiani, invece, solo con la libertà di culto, riconosciuta dall’Imperatore Costantino, nel 313 d.c., iniziano a diffondere l’uso delle campane. Ma si attribuisce a S. Paolino di Nola, nel 420 d.c., l’introduzione delle campane nell’utilizzo religioso, favorendo la produzione di “Vasa campana” in bronzo.

Fu lui, infatti, ad ingrandire i “tintinnabula”, i primi campanelli utilizzati sia dai Greci che dai Romani, per farli issare e sospenderli nell’aria attraverso torri: e così il primo campanile ( detto “Nolarium” ) della cristianità fu eretto a Nola, accanto al Sacrario della Basilica di S. Felice in Pincis e lì furono costruite anche le prime campane, che presero il nome originariamente di “Nolanae”, come stabilito dal Pontefice Urbano VIII. Fu, in seguito, il venerabile Beda ad utilizzare il termine “Campana”, ricavando il nome dalla terra di origine di questo strumento melodioso, la Campania.

La qualità del bronzo che si produceva in quella Regione, infatti, era citata anche da Plinio il Vecchio e i fonditori erano tra i più bravi del mondo nel provare geometria e proporzioni tra lo spessore del materiale e il suono da produrre. Inizialmente, infatti, le campane erano singole e solo con il perfezionarsi delle tecniche vennero riunite in gruppi per creare le diverse sonorità. Una delle campane ancora oggi più grande al mondo arriva dall’Olanda, dove nel 1497 il fonditore De Wou produce un monumentale colosso di oltre dieci tonnellate. E anche la Germania annovera fonditori che utilizzano formule matematiche per realizzare campane perfette dal suono emozionante.

Oggi la tecnologia consente di realizzare molte cose ma l’arte dei fonditori viene tramandata di generazione in generazione e rappresenta ancora una nicchia di artigianato, dove l’intervento dell’uomo prevale sulle macchine.

Le informazioni sarebbero ancora tante ma oggi, in un giorno di gioia e di solennità per la Chiesa Cristiana, le campane suonano a festa per la Risurrezione di Cristo e allora affacciamoci alle finestre e cerchiamo di concentrare la nostra attenzione sul suono delle campane e sull’armonia che sprigionano. Buona Pasqua!

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