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Cultura

Senza Zanza non è estate

Mettere piede sulla Rivera Romagnola sapendo che non c’è più Zanza è un po’ com’era guardare un Gran Premio di Formula 1 dopo la morte di Senna o ascoltare i Queen dopo la scomparsa di Freddie Mercury: la malinconia viaggia di pari passo alla consapevolezza di quel “non sarà mai più come prima” grande come una casa, una scritta a caratteri cubitali che occuperebbe più spazio del Beach Village targato Jovanotti.

Sì, è vero, negli ultimi due lustri la presenza dell’archetipo del pierre da spiaggia si era diradata, complici i mutamenti del mercato del divertimento della notte e di un’offerta turistica che la globalizzazione ha aumentato a dismisura. Ai suoi tempi, se volevi ballare e divertirti tutta la notte in riva al mare non c’erano santi che tenessero, bisognava venire qui, a Rimini, mentre oggi non solo è possibile spostarsi facilmente (ed economicamente) da una parte all’altra del mondo ma, aspetto forse più importante, ad essere cambiata è anzitutto la concezione stessa del “divertimento”.

Certo è che Zanza (al secolo Maurizio Zanfanti), oltre rappresentare un punto di riferimento per generazioni intere di “buttadentro” è stato uno dei primi veri influencer di casa nostra, a suo modo speculare all’Avvocato Agnelli, per intenderci. Uno portava l’orologio sul polsino mentre l’altro tagliava i colletti alle camicie di jeans, l’industriale si faceva fotografare insieme a Jackie Kennedy e il pierre finiva sui giornali di mezza Europa fotografato insieme a grappoli di ragazze che facevano letteralmente a cazzotti per contenderselo.

Questo per dire che Zanza era tra coloro che facevano tendenza, che lanciavano mode, che venivano presi a modello e imitati da una moltitudine di persone che, oltre al look, tentavano di emularne anche fascino e personalità. Ma il carisma, vivaddio, non puoi comprarlo nemmeno nell’epoca dell’allucinazione collettiva dei like virtuali.

Zanza (di carisma) ne possedeva in quantità industriali, e infatti le sue follower non erano immagini photoshoppate ragazze ma vere, in carne ed ossa, quasi tutte bionde e con quegli stessi occhi azzurri che oggi piangono ricordandolo come un «vero gentleman» per il quale valeva la pena fare migliaia di chilometri ogni estate. Altro che like.

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è consulente di marketing strategico, keynote speaker e docente di branding e marketing digitale all’International Academy of Tourism and Hospitality. È stato inviato di «Vanity Fair» negli Stati Uniti per seguire Donald Trump, a Kiev per la campagna elettorale di Zelensky, collabora con diversi media ed è autore di 10 libri. Nel 2016, per promuovere la versione inglese de Il Predestinato ha inventato la sua finta candidatura alle primarie repubblicane sotto le mentite spoglie del protagonista del romanzo, il giovane Congressman Alex Anderson. Una case history di cui si sono occupati i principali network di tutto il mondo.

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