Alleanze: quella con il M5S ha raggiunto il livello “Guerra dei Roses”: arrivati a questo punto o si faranno veramente male o si renderanno improvvisamente conto che sono arrivati a odiarsi perché si amano ancora. Quanto al centrodestra, Salvini non lo ammetterà, ma ove mai potesse farebbe volentieri a meno di Berlusconi e Meloni puntando a un governo monocolore.
Bestia: è la piattaforma utilizzata da Luca Morisi e dal suo Team per comunicare online: un’unica dashboard da cui vengono gestiti tutti i profili social e analizzati minuto per minuto sia i top-trend che le interazioni con gli Utenti.
Capitano: di chiara ispirazione tottiana, l’utilizzo della carica calcistica è certamente più popolare e meno inflazionato rispetto a segretario o presidente.
Di Maio: non ci fossero state le europee, molto probabilmente oggi staremmo raccontando tutt’altra storia. Fatto sta che abbia pagato in più circostanze lo scotto dell’inesperienza sua e della classe dirigente del M5S, e che oggi sia convinto di potersi giocare un match point contro il suo alleato. Suggerirei prudenza.
Europa: rappresenta il nemico e insieme la sfida, ovvero quella di riuscire a imporsi come il vero e proprio crack in grado di mettere in moto un meccanismo certamente distruttivo per questa Europa – quella dei burocrati e dei banchieri – ma contestualmente costruttivo rispetto a un’Europa capace di tornare agli obiettivi dei padri costituenti, che la auspicavano con un unico esercito e con politiche estera ed economica comuni.
Fascismo: è l’appiglio per quelli che ancora s’illudono che sia un argomento utile per contrastarlo efficacemente, non rendendosi conto che certe accuse stereotipate gli rimbalzano addosso come una pallina di gomma.
Governo: nato come quello del cambiamento, in termini generali ha ampiamente lasciato a desiderare, mentre è certamente servito come incubatore della narrazione salviniana, che è giustamente stata impostata specularmente a quella degli alleati: Salvini che cresce dimostrando di mantenere le promesse fatte in campagna elettorale, e i 5 Stelle puniti perché oltre ad essere andati contronatura – nati per fare opposizione a tutto il sistema hanno finito col diventarne parte – non si sono dimostrati all’altezza delle aspettative.
Immigrazione: certamente il cavallo di battaglia per eccellenza di Salvini e, per questo, l’argomento che viene utilizzato con maggiore frequenza per attaccarlo accusandolo, giustappunto, di razzismo o fascismo. Anche in questo caso il ruolo della comunicazione è fondamentale, basti pensare al silenzio generale in cui è passata l’inchiesta di Repubblica da cui è emerso che la Germania legava e sedava gli immigrati che si opponevano al trasferimento. Se a fare una cosa del genere fosse stato il Ministro dell’Interno Matteo Salvini, non oso immaginare le reazioni…
Jovanotti: anche se stanno su fronti opposti, tra i due non c’è mai stata guerra, anzi, nel 2015 Jovanotti twittò a Salvini «è bello avere idee e orizzonti diversi, ti rispetto e ti trovo forte nell’esposizione delle tue. Che le idee danzino è bene» attirando su di sé le ire nientepopodimeno che di Fedez, a cui Salvini rispose prontamente: «Non mi piace il minestrone unico mondiale di Jovanotti. È senza gusto. Ma apprezzo la sua apertura mentale e tante sue canzoni. Se devo scegliere vado ai suoi concerti, tutta la vita. Da Fedez invece mi aspetto che adotti due rom, due clandestini e due imam estremisti. Per coerenza».
Lega: vi si iscrisse da ragazzo, nel 1990, per poi, quasi 24 anni dopo, prenderne le redini e portarla dal 4 al 34% nel giro di nemmeno sei anni, facendone un partito nazionale. Comunque la si pensi, è impossibile negare che si tratti di un autentico capolavoro in termini di comunicazione politica. Chapeau.
Mattarella: al netto delle (tante) chiacchiere delle ultime settimane, sarà lui a segnare la strada in un senso piuttosto che in un altro. Quanto accaduto in occasione della formazione del governo gialloverde induce a pensare che difficilmente possa conferire un incarico a un presidente senza numeri solidi nei due rami del parlamento. Tra cambi di casacca, scontenti e divisioni nel PD, si tratta di una situazione parecchio intricata che richiederà tutta l’esperienza del Capo dello Stato.
Populismo: altro punto sul quale gli analisti dei media mainstream dimostrano quotidianamente di aver imparato ben poco, ostinandosi a negare che l’insofferenza del popolo nei confronti delle élite politiche e finanziarie sia effettivamente causata da un peggioramento generale della loro qualità di vita.
Riforme: dopo l’immigrazione saranno la grande sfida che Salvini dovrà raccogliere se vorrà sfruttare il proprio consenso per fare la storia e non semplicemente la cronaca. Anche perché l’Italia ha uno stramaledetto bisogno di riforme che le consentano di superare la paralisi causata da bicameralismo perfetto, ingovernabilità (65 governi in 73 anni) e mancanza di rappresentatività del Parlamento dei nominati, elementi che ne fanno un paese poco affidabile.
Saviano: ieri ha detto che vuole vederlo in galera: evidentemente quelli come lui non si rendono conto di essere i maggiori portatori di voti di Salvini.
Tasse: altro nodo che Salvini dovrà sciogliere, consapevole che dovrà prendersi il rischio di mettere in atto quell’elettroshock imprescindibile per rimettere in moto un’economia stagnante e in gran parte ancora rifugiata nel lavoro in nero.
USA: ci è stato più volte, anche a sostenere Trump durante la campagna elettorale del 2016, che a quel tempo negò di aver incontrato Salvini nonostante una foto che li ritraeva insieme. Esperienza che gli consentì di entrare in contatto con Steve Bannon, ex ideologo del presidente americano nonché capo di una sorta di “internazionale populista”.
Valori: quelli di cui Salvini intende farsi portatore, anche attraverso gesti eclatanti come il bacio al Rosario durante i comizi. Si tratta di messaggi molto forti, che per questo sono in grado di condensare un comune sentire molto radicato da Nord a Sud, e quindi di connettere ulteriormente il capo della Lega a un elettorato sempre più vasto.
Web: sta senz’altro a Salvini come la televisione sta a Berlusconi. Ha saputo sfruttarne le grandissime potenzialità dimostrando di aver compreso, prima di altri alle nostre latitudini, che per arrivare è fondamentale utilizzare messaggi chiari e comprensibili da chiunque.
Zanzara: mitologiche le incursioni salviniane nella trasmissione condotta da Cruciani e Parenzo, che hanno recentemente annunciato che la prossima sarà l’ultima stagione del loro programma.