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Politicamente corretto

Sinistra e mainstream odiano Musk perché i Twitter Files portano a galla la verità

Nome: Democratici, Nickname: Hacker russi. In sintesi, è ciò che emerge dai Twitter Files divulgati da Elon Musk per mano del giornalista Matt Taibbi, che non a caso è finito immediatamente sul banco degli imputati del Tribunale Speciale del Politicamente Corretto.

Si tratta di un vero e proprio organo transnazionale composto dalla quasi totalità dei media mainstream nonché dalla sinistra radical chic e, come vedremo, da gran parte delle strutture delle BigTech, tutti uniti nel mettere subito in atto una tecnica di autodifesa ormai collaudata: minimizzare la portata della notizia, spostare l’attenzione su dettagli irrilevanti, gettare discredito sulla fonte e ridicolizzare la parte lesa (Trump, repubblicani e chiunque non si omologhi al pensiero unico) alterando il contenuto delle reazioni.

Prima di procedere, occorre chiarire cosa è realmente emerso dai documenti in questione:

1. I democratici chiedono sistematicamente alle BigTech di censurare notizie e temi non affini alla loro narrazione;

2. I democratici hanno la possibilità di farlo poiché la maggior parte dei dipendenti di queste società sostengono apertamente il loro partito;

3. Twitter sapeva di mentire quando censurò la storia del figlio di Biden prima delle elezioni presidenziali del 2020.

Siamo di fronte a un tentativo di manipolazione di massa senza precedenti nella storia delle democrazie occidentali, che il Premio Pulitzer Glenn Greenwald ha giustamente definito «il più grande scandalo mediatico dell’ultimo decennio», ricordando che fu costretto a lasciare il giornale che egli stesso fondò – The Incercept – perché il resto della redazione censurò un suo articolo in cui definiva «una menzogna» la nota con cui la CIA classificò come «disinformazione russa» lo scoop del New York Post sui documenti compromettenti trovati in un laptop che Hunter Biden (figlio dell’attuale presidente Joe) non aveva mai ritirato dal tecnico informatico a cui lo aveva portato per una riparazione.

In buona sostanza, i file davvero rilevanti contenuti in quel laptop non erano certamente le foto a sfondo sessuale – che infatti sono state utilizzate dal mainstream per distogliere l’attenzione dai fatti realmente compromettenti – ma le email che dimostrano le interferenze dell’allora vicepresidente Joe Biden nei confronti del governo ucraino per favorire gli affari di suo figlio Hunter, che guadagnava 83 mila dollari al mese per sedere nel consiglio d’amministrazione della Burisma Holding, società energetica ucraina che il governo statunintense considerava corrotta. Si tratta della questione che fu al centro della telefonata tra Trump e Zelensky, per la quale nel 2019 fu avviata una procedura di impeachment che andò ben presto in fumo: archiviata dopo un mese e mezzo.

Tutto questo accadeva poche settimane prima delle elezioni del 3 novembre 2020: è del tutto evidente che aver messo a tacere una questione di tale portata abbia spostato gli equilibri a favore del candidato democratico.

La prima pagina del New York Post del 14 ottobre 2020

Esiste una ragione molto semplice che spiega perché nessuno dei media che diffusero la balla inventata dalla CIA oggi dica come stanno effettivamente le cose: se lo facessero la loro intera narrazione ideologica a favore dei democratici si scioglierebbe come neve al sole e, di conseguenza, si vedrebbero costretti a dare ragione all’odiato Trump.

Questo è il principale motivo della crescente acredine da parte del mainstream nei confronti di Elon Musk che, liberando Twitter dalla gabbia ideologica in cui era stato rinchiuso ristabilendo il principio della libertà d’opinione, ha sfondato il muro dietro al quale si celava la grande bugia della censura a senso unico, secondo la quale qualsiasi opinione non omologata al politicamente corretto sia da censurare con il marchio d’infamia della “disinformazione” e delle “fake news”.

Si tratta di una vera e propria rivoluzione epocale, quella cominciata da Musk, poiché riequilibrando il dibattito e introducendo un nuovo modello di business potrà ribaltare il paradigma attuale; di fatto sarebbe una vera e propria rifondazione del Web che, fisiologicamente, contraserebbe uno degli effetti collaterali in assoluto più nocivi per la società: la polarizzazione.

Non è certamente un caso che il nuovo proprietario di Twitter ribadisca continuamente che uno dei suoi obiettivi principali è quello di creare le condizioni affinché chi ha idee diverse possa tornare a confrontarsi civilmente, anziché dividerli – come avviene attualmente – in echo chamber che producono il solo risultato di radicalizzare entrambi i fronti rendendoli inconciliabili.

Che piaccia o meno alla sinistra e al “sistema” che Marcello Foa ha brillantemente descritto nel suo ultimo libro, in questo momento Elon Musk è come Morpheus nel primo episodio di Matrix: ci sta offrendo solo la verità, niente di più. Se l’impresa dovesse riuscire, il Web e i social network tornerebbero a essere un terreno di confronto governato dalla libertà d’opinione e non più dalla dittatura del pensiero unico al netto, ovviamente, della responsabilità che ciascuno si assume su ciò che pubblica.

Visto come stanno le cose vale senz’altro la pena prendere la pillola rossa, e vedere quant’è profonda la tana del bianconiglio.

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è consulente di marketing strategico, keynote speaker e docente di branding e marketing digitale all’International Academy of Tourism and Hospitality. È stato inviato di «Vanity Fair» negli Stati Uniti per seguire Donald Trump, a Kiev per la campagna elettorale di Zelensky, collabora con diversi media ed è autore di 10 libri. Nel 2016, per promuovere la versione inglese de Il Predestinato ha inventato la sua finta candidatura alle primarie repubblicane sotto le mentite spoglie del protagonista del romanzo, il giovane Congressman Alex Anderson. Una case history di cui si sono occupati i principali network di tutto il mondo.

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