La Speaker Nancy Pelosi ha annunciato l’apertura di una procedura formale di impeachment contro Donald Trump con queste parole: “questa settimana, il presidente ha ammesso di aver chiesto al presidente ucraino di prendere azioni che potrebbero dargli un beneficio politico. Le azioni della presidenza Trump hanno rivelato fatti disonorevoli che dimostrano il tradimento del presidente del suo giuramento sulla Costituzione, della nostra sicurezza nazionale e dell’integrità del nostro sistema elettorale. Quindi, oggi (ieri, ndr), ho deciso di annunciare che la Camera dei Rappresentanti intende andare avanti con un procedimento formale di impeachment. Ho dato indicazioni alle sei Commissioni inquirenti di procedere con le indagini in corso nell’ambito del procedimento di impeachment. Il presidente deve essere sottoposto alla legge come chiunque altro, nessuno è al di sopra della legge”.
L’accelerazione voluta dalla Pelosi è avvenuta dopo le dichiarazioni di un whistleblower, contenuto in un esposto in cui si parla di “diversi casi” di comportamento inappropriato da parte del presidente. Il whistleblower ha altresì affermato che intende testimoniare davanti alle commissioni Intelligence di Camera e Senato. Lo stesso Adam Schiff – Chair of the House Intelligence Committee – ha confermato la notizia, seguito a ruota dal vicepresidente della medesima commissione al Senato Mike Warner. Il Congresso, secondo fonti interne a Capitol Hill, pur avendo a disposizione la trascrizione della telefonata di Trump con Zelensky non ha ancora ascoltato il whistleblower. Secondo alcuni la testimonianza potrebbe essere ancora più scottante, perché potrebbe contenere ulteriori accuse sul comportamento di Trump. Proprio il presidente, ha reagito alla notizia twittando: “Pelosi, Nadler, Schiff ed ovviamente Maxine Waters! Ci potete credere? Non hanno visto neppure la trascrizione della conversazione telefonica. Caccia alle streghe totale!”
Il tutto nasce da una conversazione telefonica fra Trump e il suo omologo ucraino Zelensky dello scorso 25 luglio, nella quale il presidente avrebbe chiesto di indagare a fondo sulla possibilità che l’ex vicepresidente e attuale front-runner democratico Joe Biden fosse accusato di corruzione per fatti risalenti al 2015. Secondo fonti del The Wall Street Journal, Trump avrebbe “chiesto almeno otto volte a Zelensky di collaborare con l’avvocato personale del presidente – e attuale consigliere per la sicurezza informatica della Casa Bianca – Rudy Giuliani su una inchiesta che potrebbe causare problemi al potenziale rivale di Trump nel 2020”.
Durante la presidenza Obama, la procura generale ucraina stava indagando sulla compagnia energetica Burisma Holding, nella quale il figlio di Biden, Hunter, ricopriva un ruolo nel board. Nel medesimo periodo, l’attuale candidato alla presidenza ha minacciato il blocco di un finanziamento di 1 miliardo di dollari se il governo ucraino non avesse licenziato in tronco l’allora procuratore generale ucraino Viktor Shokin. Questo fatto, come affermato da Biden nel 2018 al Council on Foreign Relations è vero: “li ho guardati negli occhi e gli ho detto: vado via in sei ore. Se il procuratore non sarà licenziato, non otterrete i soldi. Sapete cosa? Il figlio di puttana è stato licenziato”. Gli Stati Uniti, però, non erano gli unici a volere la testa di Shokin. L’allora direttore del Fondo Monetario Internazionale – e prossima presidente della BCE – Christine Lagarde, aveva minacciato il blocco di 40 miliardi di dollari all’Ucraina se non avesse mosso “passi sostanziali” nella lotta alla corruzione.
Dunque, sia USA che UE si erano uniti in coro nella richiesta di licenziamento per Shokin. L’allora vice procuratore ucraino Vitaly Kasko si dimise nel 2016 in segno di protesta per la dilagante corruzione che era presente nell’ufficio di Shokin, Reuters, nel riportare la notizia delle dimissioni, definì il gesto come “il fallimento nella battaglia alla corruzione endemica”.
I media americani – e non solo – riportarono le posizioni di Biden aggiungendo che potevano essere minate da un possibile conflitto di interessi. Associated Press, infatti, già nel 2014 aveva bollato la nomina di Hunter Biden come “politicamente inspiegabile”.
Rudy Giuliani, nel corso di una intervista a Fox News Sunday di domenica 22 settembre, ha affermato che il figlio di Biden era sotto indagine, accusando l’ex vicepresidente di non averlo reso noto. Allo stato delle cose, non risulta, però, alcuna prova che Hunter Biden fosse sotto indagine.
Il presidente ha reagito alla procedura di impeachment facendo sapere che “è positivo” per lui questa inchiesta perché lo condurrà verso “la vittoria alle prossime elezioni”.
Nel frattempo, nella giornata di oggi, Trump ha declassificato la telefonata con il presidente ucraino Zelensky, nella quale chiede al suo omologo di collaborare nell’indagine che l’Attorney General William Barr potrebbe avviare contro Joe Biden.
La chiamata ha inizio con le congratulazioni di Trump per la vittoria elettorale di Zelensky. La piega cordiale della telefonata diviene una discussione fitta su Biden e su una teoria cospiratrice secondo la quale il server email del DNC si troverebbe in Ucraina e l’indagine di Mueller sarebbe iniziata proprio nel paese dell’est Europa.
Come si può evincere dalle trascrizioni, il Presidente ha invitato Zelensky a prendere contatto con Giuliani e Barr, poiché un “procuratore molto valido è stato licenziato su pressione di persone molto cattive”.
Il passaggio sul figlio di Biden, invece, è stato il seguente: “Ci sono molte discussioni a proposito del figlio di Biden, del fatto che Biden ha bloccato l’indagine su di lui e molte persone vogliono capirci di più, quindi qualsiasi aiuto puoi dare al Procuratore Generale sarebbe gradito. Biden è andato a dire in giro di aver fermato l’indagine, quindi puoi darci un occhio, a me sembra terribile”.
Zelensky ha di fatto ribadito la disponibilità ad aiutare Trump, affermando che “il suo candidato alla posizione di procuratore generale – Ruslan Riaboshapka, attuale procuratore dal 29 agosto al posto di Lutsenko (colui che aveva affermato che nel 2014 era aperta una indagine dell’ufficio dell’allora procuratore generale nei confronti di Zlochevsky (presidente di Burisma) intende dare uno sguardo a questa vicenda, in particolare alla compagnia menzionata a questo riguardo”.
Trump ha poi chiesto aiuto per trovare i server del DNC che sono stati hackerati dall’intelligence russa in vista delle presidenziali del 2016: “come hai potuto vedere ieri, questo nonsense è finito con una performance penosa da parte di un uomo chiamato Robert Mueller, una performance da incompetente, ma dicono comunque che è iniziato tutto dall’Ucraina. Qualsiasi cosa puoi fare, è molto importante che tu faccia tutto ciò che è possibile”. La conversazione si è poi conclusa con un formale invito di Trump a Zelensky nella capitale americana, auspicando che il presidente ucraino si metta presto in contatto con Giuliani e Barr.
Da parte sua il Dipartimento di Giustizia ha fatto sapere oggi che Barr non era a conoscenza del fatto che il presidente abbia chiesto a Zelensky di contattarlo e che il Procuratore Generale non ha mai parlato con Trump di collaborare con l’Ucraina per aprire indagini sui Biden o mai parlato con Giuliani di “qualsiasi cosa riguardasse l’Ucraina”.
La trascrizione della conversazione, come prassi della White House, non riporta integralmente le parole che gli interlocutori si sono scambiati, bensì rappresenta un memo di una conversazione telefonica, rappresentando note e memorie dei presenti nella Situation Room al momento della telefonata. Non a caso, un disclaimer avvisa che un numero di fattori potrebbero “influenzare l’accuratezza di quanto registrato, incluso connessioni telefoniche di bassa qualità e differenze nell’accento”.