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Comunicazione

Se il nuovo social di Trump si chiamasse… Trump?

Il suo nome lo ha messo dappertutto facendone un brand potente a tal punto da avergli consentito, tra le altre cose, di diventare presidente degli Stati Uniti pur avendo contro il 95% dei media maistream.

Correva l’anno 2016 e ci riuscì bypassando l’informazione tradizionale grazie ai social network: una comunicazione orizzontale, diretta, che gli ha consentito di raggiungere un tasso di fidelizzazione altissimo tra i suoi follower.

Attenzione, questo non è assolutamente un dettaglio di poco conto poiché evidenzia cosa significhi creare una connessione autentica con chi ci segue. Infatti, se torniamo per un attimo al giugno del 2015, troviamo un Partito repubblicano completamente diviso al suo interno e con una base estremamente delusa.

Ebbene, durante quella campagna elettorale Trump fu capace di riaccendere la scintilla dell’entusiasmo, facendo dei conservatori il suo popolo. Anche oggi che non è più presidente, la quasi totalità dei sostenitori repubblicani sostiene Trump, non ci sono Capitol Hill o esclusione da Twitter che tengano.

Con buona pace di quel che rimane dell’establishment repubblicano, come peraltro scrissi il 23 gennaio scorso, l’ex presidente non ha alcun bisogno di fare un altro partito, perché ha già il Gop. Lo dimostra l’ultima convention dei Cpac, che è stata una sorta di Trump-pride.

Certo, anche se qualsiasi cosa dica viene immediatamente rilanciata dai media, ora ha bisogno di tornare ad avere un canale da cui tornare a comunicare orizzontalmente, e non a caso arrivano le dichiarazioni rilasciate da Jason Miller a Fox news: «Trump lancerà una nuova piattaforma di social media che ridefinirà completamente il settore.»

Chiaro che se c’è qualcuno in grado di scalfire lo strapotere delle Big Tech che lo hanno censurato quello è proprio lui, che sicuramente oltre alla possibilità di riconquistare una sua identità digitale, ci vedrà anche un’occasione ghiottissima dal punto di vista imprenditoriale.

Così, mi sono divertito a immaginare come potrebbe essere strutturato il social di Trump, a cominciare dal nome, che probabilmente si nasconde tra i 1614 domini di cui la Trump Organization è attualmente proprietaria.

Riflettendoci sono arrivato alla constatazione iniziale: Trump è diventato Trump mettendo il suo nome ovunque, perché non dovrebbe farlo anche con il suo social network?

Il dominio c’è, ed è quello dove attualmente si trova il sito della Trump Organization, ovvero trump.com; il brand è già conosciutissimo e non ha certo bisogno di grandi sforzi per essere veicolato; tra l’altro suona anche simile a Twitter e secondo me l’idea di prendere un po’ per i fondelli Jack Dorsey solletica parecchio l’ego di The Donald: anziché tweeet i post potrebbero chiamarsi… trump. L’unico contro potrebbe essere il rifiuto da parte dei suoi detrattori che, però, al suo social non si iscriverebbero nemmeno se lo chiamasse pizza o palla.

Insomma, l’uomo che più di tutti ha saputo utilizzare questi canali che si fa media e diventa, così, strumento di comunicazione di massa dando la parola a un numero sempre crescente di persone stufe dell’egemonia dei colossi del Web a cui tutto è concesso, anche dal punto di vista fiscale.

Si tratta di un’ipotesi affascinante e al tempo stesso piena di incognite. Certo è che, indipendentemente da come la si possa pensare su Trump dal punto di vista politico, sarà interessante vedere come e se sarà capace dell’ennesima impresa apparentemente impossibile.

Written By

è consulente di marketing strategico, keynote speaker e docente di branding e marketing digitale all’International Academy of Tourism and Hospitality. È stato inviato di «Vanity Fair» negli Stati Uniti per seguire Donald Trump, a Kiev per la campagna elettorale di Zelensky, collabora con diversi media ed è autore di 10 libri. Nel 2016, per promuovere la versione inglese de Il Predestinato ha inventato la sua finta candidatura alle primarie repubblicane sotto le mentite spoglie del protagonista del romanzo, il giovane Congressman Alex Anderson. Una case history di cui si sono occupati i principali network di tutto il mondo.

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