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Aggrappati a un bollettino

“Un antivirus da 25 miliardi” (Il Fatto Quotidiano); “Europa chiusa al mondo” (la Repubblica); “Più medici, stop a tasse e mutui” (Corriere della Sera); “Contro l’emergenza 1.200 posti letto” (Corriere del Mezzogiorno); “Zaia ora chiede nuovi divieti” (Corriere del Veneto); “Mascherine, la pazienza è finita” (Corriere della Sera Bergamo); “L’esercito presidia medicina” (Corriere della Sera Bologna); “Virus, l’Ue blinda i confini di Schengen” (La Stampa); “O la borsa o la vita” (il manifesto); “Dai che rallenta” (il Giornale); “Tutte le scemenze sul virus” (Libero); “Lunedì nero per Borse, oro e petrolio” (il Sole 24 Ore); “Ora 25 miliardi, forza con gli altri” (Il Tempo); “Scattano i test a tappeto” (Il Gazzettino).

Quelle che avete appena letto sono le aperture dei principali quotidiani nazionali di ieri. Quelli filo governativi si riconoscono subito: evidenziano gli interventi economici decisi dal governo a favore di aziende, imprese e lavoratori. Casi isolati puntano sull’ottimismo (il Giornale), gli altri in bilico nella diffusione della paura, evidentemente anch’essi contagiati dal desiderio di diffonderla per ricavarne qualche vantaggio in edicola, si concentrano sulle “scemenze” pronunciate dai sostenitori della maggioranza.

In questo alternarsi di stati d’animo, utili solo a disorientare ulteriormente lettori e cittadini, s’inseriscono, incuranti delle grandi responsabilità in capo all’informazione, i canali televisivi “all-news”.
I palinsesti sono incardinati esclusivamente sul coronavirus. È la notizia, si dirà. Vero.
Purtroppo, però, assume un peso rilevante anche il modo in cui ne si parla.

Paradossi e contraddizioni si sovrappongono e vengono smerciati a prezzi di saldo. Soprattutto lo zapping da quarantena regala, in questi faticosi giorni, delle perle straordinarie.

Per esempio, non è insolito trovare su una rete un esperto/a che alluda alla fine del mondo, mentre, contemporaneamente, su un altro canale, si sente un collega predicare con slancio l’esatto contrario, avvolto da un anomalo ottimismo, dando il via allo sconcerto del telespettatore.
Chi avrà ragione?

Ad aumentare l’angoscia generale contribuiscono anche le dispute tra virologi, ognuno con le sue tabelle, ognuno con le sue convinzioni, ognuno a sermoneggiare le proprie verità, ovviamente, in nome della scienza.
A noi, che scienziati non siamo, resta solo la gestione delle paure e delle insicurezze.

Anche se il “momento più alto” è fornito – in diretta nazionale – dall’appuntamento stampa voluto dalla Protezione civile (cui va il nostro incondizionato sostegno per l’impegno organizzativo profuso nel contrasto all’epidemia).

Quel collegamento di pochi minuti scandisce, tristemente, le nostre giornate.
Con il suo bollettino macabro, oscillante tra “sommersi e salvati”, lascia dietro di sé sgomento e preoccupazione. Emozioni amplificate, poco dopo, dalla sbavante grancassa mediatica che, in nome della trasparenza, ne rilancia l’eco funerea.

È proprio necessario questo spettrale tam-tam, trasformato in funesta attrazione circense, proprio in un momento in cui il Paese è più fragile e impaurito?

Non dobbiamo, ovviamente, fare come gli struzzi e mettere la testa sotto la sabbia rispetto a un problema reale, ma nemmeno accrescere in modo sconsiderato il livello, già altissimo, della tensione.

Perché il vero problema, lo toccheremo con mano a breve.
Il dramma che saremo obbligati ad affrontare non sarà più il contagio da coronavirus che, prima o poi, sconfitto dalla scienza, scomparirà dalle prime pagine di giornali e talk-show, ma il disastro economico-sociale lasciato in eredità dalla pandemia.

Riguarderà, non solo alle nostre latitudini, un numero impressionante di lavoratori piegati dalla recessione.
Un incubo, questo sì pericoloso, che colpirà le economie più solide, “infettando”, a cascata, anche la nostra già storicamente debole.
Allora, i “bollettini” e le conferenze stampa non saranno più utili a nessuno.

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