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Innovazione

L’altra faccia della Silicon Valley

La “Silicon Valley” – come è stata chiamata la parte meridionale della San Francisco Bay Area – rappresenta la capitale mondiale dell’innovazione tecnologica. Qui hanno la propria sede grandi multinazionali come: Adobe, Amazon, Apple, Facebook, Google, Huawei… oltre a Università fra le avanzate d’America. Qui, ogni giorno nascono nuove start-up e nuovi progetti innovativi.

Da quasi vent’anni la Silicon Valley è meta di giovani ricercatori, progettisti o startupper che vogliono fare carriera in proprio o in una grande azienda, nonché di uomini d’affari che vogliono investire nel settore della tecnologia.

Eppure, come sempre più spesso accade nel mondo, accanto alla ricchezza si nasconde un dramma sempre più forte: la povertà assoluta. Secondo l’ultimo censimento il numero dei senzatetto registrati nel 2019 è di 9.706, con un aumento vertiginoso, ben il 31% in più, rispetto al 2017.

Viaggiando per città come San Josè e Palo Alto si può notare molto bene questa drammatica contrapposizione fra i ricchi, che abitano in lussuosi appartamenti, e i poveri che chiedono l’elemosina per strada. Si tratta di un fenomeno che riflette la condizione attuale della nostra epoca, in cui il “progresso” non è riuscito a risolvere i problemi sociali anzi, coniugandosi con il liberismo più sfrenato li ha solo aggravati.

IL PROBLEMA DELLA CASA

Sebbene l’emergenza abitativa sia un dramma con cui la California ha sempre dovuto fare i conti nella sua storia, i motivi della crisi in Silicon Valley sono diretta conseguenza dell’insediamento delle multinazionali dell’informatica che l’hanno scelta come sede per le proprie attività.

Infatti, se da una parte queste aziende hanno portato benefici in termini di lavoro e nuove opportunità, dall’altro hanno causato forti disuguaglianze. All’aumento di valore della zona ha fatto seguito un aumento vertiginoso del costo della vita. In particolare, sono stati proprio i costi delle case (vendite e affitti) a moltiplicarsi. Infatti, se negli anni sono cresciuti i posti di lavoro (quasi tutti per nuovi residenti), è di conseguenza calato il numero delle unità abitative disponibili, mentre i prezzi schizzavano in alto.

Uno squilibrio che ha portato molti “vecchi” cittadini a lasciare la Silicon Valley per trasferirsi in città più economiche, mentre i meno fortunati si sono ritrovati… in mezzo a una strada.

Molti questi “homeless” hanno un livello di istruzione molto alto e, prima di essere caduti in disgrazia, avevano un ottimo impiego. Le cause principali riguardano la perdita del lavoro (negli USA non esistono ammortizzatori sociali), una malattia o incidente (negli USA non esiste la previdenza pubblica). A quel punto gli affitti troppo alti diventano un debito insolubile.

Da un recente studio è emerso che il 36% di chi vive per strada ha subìto questa sorte e basterebbe fare un giro a Mountain View (dove si trova il quartier generale di Google) per avere un esempio che dimostra il problema con gli edifici moderni, i grandi viali e, ai lati delle strade, le roulotte dei senzatetto.

POCHE SOLUZIONI

Negli anni le diverse amministrazioni che si sono succedute alle guida della città hanno varato programmi di assistenza, ma il problema dei senzatetto è comunque rimasto e persino aumentato. Sono ancora troppo pochi, infatti, gli alloggi in costruzione (e non esiste una edilizia “convenzionata” o popolare come in Italia).

In diverse zone si è dovuto ricorrere a palestre o edifici abbandonati per adibirli a dormitori pubblici.

Nel 2018 il 60% degli abitanti di San Francisco ha votato a favore della Proposition C, una legge che impone alle società che fatturano più di 50 milioni di dollari l’anno (nell’intera città sono circa 400)  di destinare lo 0,5 per cento del proprio fatturato a un fondo per i senzatetto. Si calcola che in questo modo ogni anno ci saranno 300 milioni di dollari a disposizione.

In attesa di questo gettito (se le multinazionali pagheranno…) quel che è certo è che il problema delle disuguaglianze sociali, nel Paese più ricco del mondo, ancora si sente e la rivoluzione digitale non lo ha risolto, anzi.

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è consulente di marketing strategico, keynote speaker e docente di branding e marketing digitale all’International Academy of Tourism and Hospitality. È stato inviato di «Vanity Fair» negli Stati Uniti per seguire Donald Trump, a Kiev per la campagna elettorale di Zelensky, collabora con diversi media ed è autore di 10 libri. Nel 2016, per promuovere la versione inglese de Il Predestinato ha inventato la sua finta candidatura alle primarie repubblicane sotto le mentite spoglie del protagonista del romanzo, il giovane Congressman Alex Anderson. Una case history di cui si sono occupati i principali network di tutto il mondo.

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