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POLITICA USA

Twitter non funziona, video e slogan che non bucano: inizio da incubo per DeSantis

Se è vero che il buongiorno si vede dal mattino, immaginiamo che Ron DeSantis stia vivendo con una certa apprensione queste prime ore da competitor di Donald Trump per la nomination repubblicana alle presidenziali americane che si consumeranno la notte del 5 novembre 2024.

L’entusiasmo con cui è stato accolto il lancio della sua campagna da parte di Elon Musk – che avrebbe dovuto ospitare su Twitter l’intervento del governatore della Florida – si è raffreddato qualche minuto dopo la mezzanotte (ora italiana, ndr), quando i circa 500mila utenti collegati si sono resi conto del malfunzionamento dell’audio, con ogni probabilità causato dal sovraccarico dei server.

 

Qualche minuto prima, DeSantis aveva pubblicato lo spot della sua discesa in campo: dopo 29 secondi molto promettenti, con un ingresso in scena alla Frank Underwood, il video anziché decollare diventa inspiegabilmente statico con il candidato che tiene un monologo da fermo, gesticolando davanti alla bandiera americana e con una musica di sottofondo tutt’altro che evocativa, che sembra più adatta a un video di satira:

Tono della voce, linguaggio del corpo e parole chiave: alla fine DeSantis appare per quello che è, ovvero un buon amministratore, ma oggettivamente senza la stoffa del leader. Afferma che in Florida ha preferito «i fatti alla paura, l’educazione all’indottrinamento e legge e ordine a chi cavalca il disordine», ma lo fa usando un tono monocorde che non gli permette di bucare lo schermo nemmeno per un secondo.

Da addetto ai lavori, mi stupisce che i suoi consulenti non abbiano cercato di colmare lacune tanto evidenti. Personalmente avrei agito su tre binari: full immersion sul public speaking, maggiore ritmo e utilizzo di immagini a supporto delle parole.

Come se non bastasse, nei minuti successivi l’account TeamDeSantis ha pubblicato un video in cui il candidato parla senza microfono e con una pessima luce, compiendo l’ennesimo errore della serata. Al netto delle considerazioni politiche, emerge in maniera chiara che un governatore che ambisce alla Casa Bianca dovrebbe affidare la propria comunicazione a professionisti di ben altro spessore.

Infine lo slogan: Great American Comeback non è nient’altro che una declinazione diversa di quel Make American Great Again coniato da Ronald Reagan per la campagna elettorale del 1980 e trasformato in brand nel 2016 da Donald Trump, ed è risaputo che tra l’originale e la fotocopia la scelta, di solito, ricada sul  primo. A margine di questo esordio poco felice, sembra che il concetto si possa estendere tout court alla candidatura di DeSantis.

Vedremo nei prossimi mesi: intanto, anziché DeSantis nei sondaggi, a prendere piede è l’hashtag #DeSaster su Twitter.

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è consulente di marketing strategico, keynote speaker e docente di branding e marketing digitale all’International Academy of Tourism and Hospitality. È stato inviato di «Vanity Fair» negli Stati Uniti per seguire Donald Trump, a Kiev per la campagna elettorale di Zelensky, collabora con diversi media ed è autore di 10 libri. Nel 2016, per promuovere la versione inglese de Il Predestinato ha inventato la sua finta candidatura alle primarie repubblicane sotto le mentite spoglie del protagonista del romanzo, il giovane Congressman Alex Anderson. Una case history di cui si sono occupati i principali network di tutto il mondo.

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