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Politica

Che vi venga un Occidente

Sulle macerie delle Twin Towers avrebbe potuto germogliare un Occidente finalmente coeso in nome della propria identità e della difesa della libertà ma, a distanza di ormai vent’anni, dobbiamo prendere atto che nemmeno l’infame attacco dell’11 settembre sia bastato per darci la sveglia.

Le immagini che testimoniano la disastrosa gestione dell’abbandono dell’Afghanistan da parte dell’amministrazione Biden evocano il dramma di un popolo ripiombato nella dittatura ma, assistendo a quelle scene drammatiche e ascoltando i proclami dei fondamentalisti islamici, è impossibile non constatare che i talebani, ormai, oltre che a Kabul, comandano anche a casa nostra.

Proprio così, perché cos’è, se non fondamentalismo, la “Cultura della cancellazione” di chi pretende di abbattere monumenti ed eliminare le parti di storia e cultura occidentale non affini ai dettami del pensiero unico e del politicamente corretto?

Cosa pensare quando a distribuire patenti di democrazia e agibilità politica sono gli stessi che con una mano intendono introdurre reati d’opinione e che con l’altra accarezzano il regime sanguinario guidato dal partito comunista cinese?

Macché Occidente, è ora ribattezzarlo Passivistan, ovvero l’insieme di paesi i cui popoli sono stati cloroformizzati e abituati a subire in silenzio qualsiasi forma di sottomissione: culturale, sociale, economica e tecnologica.

Prendiamo le donne: dopo lustri passati a fingere che il problema non esistesse, l’opinione pubblica si è svegliata dall’incantesimo e ha magicamente scoperto che i talebani le costringeranno nuovamente ad indossare burqa e niqab in Afghanistan, salvo poi voltarsi dall’altra parte se i mariti obbligano le loro mogli a fare lo stesso anche qui in Italia.

Guai, poi, a nominare l’Islam. Leggendo e ascoltando il mainstream sembra che talebani e sharia, anziché al Corano, si ispirino ad una qualche religione proveniente da Marte: parlare di terrorismo islamico nella migliore delle ipotesi significa essere bollato come islamofobo, d’altronde sono termini che i fanatici del politicamente corretto c’impongono di cancellare dal nostro vocabolario.

Sarebbe disonesto nonché ipocrita, però, addossare tutte le colpe dell’oggettivo declino della civiltà occidentale ai soggetti che compongono la galassia della sinistra radical chic e dei talebani del pensiero unico (che, per inciso, quasi sempre sono la stessa cosa).

Anzi, volendo essere ancora più chiaro, ritengo che gran parte delle responsabilità siano da addebitare proprio a chi i valori occidentali avrebbe dovuto difenderli e invece non lo ha fatto, lasciandosi inghiottire dalle tiepide sabbie mobili del mantenimento dello status quo piuttosto che avere il coraggio di giocare fino in fondo la partita sul piano identitario.

Molto più comodo, per i governi occidentali, diluire tutto nel calderone mediatico e pseudo-sociale del nostro tempo, salvo poi rendersi conto che il potere sta tutto nelle mani delle BigTech, che non a caso si fanno beffe dei nostri governanti umiliandoli al punto da permettersi di bloccare a vita l’ex presidente degli Stati Uniti mentre era ancora in carica e lasciando invece a piede libero il profilo di Zabihullah Mujahid, il portavoce dei talebani.

Peccato che con questo atteggiamento lassista le classi dirigenti occidentali abbiano sostanzialmente scelto di non andare oltre il domani o il dopodomani, come se ogni giorno rivivessero sempre lo stesso, non rendendosi conto di aver mancato il più importante appuntamento con la storia della nostra epoca. Che che dio ce la mandi buona!

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è consulente di marketing strategico, keynote speaker e docente di branding e marketing digitale all’International Academy of Tourism and Hospitality. È stato inviato di «Vanity Fair» negli Stati Uniti per seguire Donald Trump, a Kiev per la campagna elettorale di Zelensky, collabora con diversi media ed è autore di 10 libri. Nel 2016, per promuovere la versione inglese de Il Predestinato ha inventato la sua finta candidatura alle primarie repubblicane sotto le mentite spoglie del protagonista del romanzo, il giovane Congressman Alex Anderson. Una case history di cui si sono occupati i principali network di tutto il mondo.

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