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Politica

Meloni e Salvini hanno il 40%, per questo tentano di dividerli

In attesa di tornare alle urne per eleggere – si spera – una maggioranza in grado di formare un governo espressione della volontà popolare, per sondare il termometro politico tocca accontentarci dei sondaggi. Rilevazioni che, per quanto aleatorie, sono certamente indicative della tendenza generale del momento in cui vengono effettuate.

Ebbene, si dà il caso che dalle suddette proiezioni del consenso popolare emerga un dato inconfutabile, ovvero che le due forze sovraniste, che a me più che populiste piace definire popolari, cioè Lega e Fratelli d’Italia, insieme totalizzino il 40% dei voti.

La notizia dovrebbe essere certamente questa, poiché quei numeri ipotetici evidenziano plasticamente che 4 italiani su 10 ritengono che Giorgia Meloni e Matteo Salvini rappresentino risposte condivisibili ai loro bisogni, oltre che un minimo comune denominatore in termini di valori tra i quali sovranità (appunto), giustizia sociale, sicurezza e una pressoché totale avversione al tentativo di omologarci tutti alle deliranti teorie sbraitate dagli hooligan orwelliani di pensiero unico e politicamente corretto.

Al contrario, il mainstream non fa altro che alimentare la propria grancassa puntando tutto sulla rivalità tra i due leader: è del tutto evidente che certi titoli e talune domande abbiano il preciso obiettivo di crearla davvero questa acredine tra i due che, però, devono sforzarsi di superare le oggettive divisioni del momento per non sciupare l’enorme occasione che si sono abilmente costruiti.

Voglio essere ancora più chiaro. In questa fase l’errore più grande che Meloni e Salvini potrebbero commettere sarebbe quello di cadere nel tranello di lasciare che le divisioni oggettive degli ultimi mesi (lui al governo e lei all’opposizione, Copasir e amministrative) alimentino la loro rivalità sul primato del centrodestra e viceversa; piuttosto, ogni volta che discutono di qualcosa, si fermino un attimo a riflettere su quell’ipotetico 40%.

Anzi, fossi in loro me lo scriverei con il pennarello indelebile sul palmo di una mano, in modo da tenere sempre presente quel dato così importante non in quanto – si badi bene – semplice successo personale o di partito, ma perché è la rappresentazione dell’investitura di una parte preponderante della nazione, milioni di donne e uomini che sceglierebbero loro due per ricostruire l’Italia sulle macerie ancora fumanti lasciate dagli immani disastri causati dalla pandemia e da decenni d’instabilità (e spesso incapacità, se non disonestà) politica.

I motivi per cui l’Italia è un gigante della scena mondiale sono arcinoti e non starò certo qui ad elencarli, eppure abbiamo sempre il fiatone perché ci portiamo sulle spalle il pesantissimo fardello di un regime partitocratico che per decenni ha mantenuto il potere soffiando sul fuoco di divisioni sepolte dalla storia e mettendo in atto politiche scellerate poiché finalizzate unicamente al mantenimento del consenso.

Quindi, cari Giorgia e Matteo, ogni volta che vi trovate dinnanzi a questioni che vi dividono pensate a quel fardello che dovrete scrollare di dosso alla generazione dei nostri figli e concentratevi si ciò che vi unisce, a meno che non vogliate assumervi la responsabilità consegnarci per altri 5 anni alla terribile alleanza Pd-5Stelle.

Pennarello indelebile, mi raccomando.

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è consulente di marketing strategico, keynote speaker e docente di branding e marketing digitale all’International Academy of Tourism and Hospitality. È stato inviato di «Vanity Fair» negli Stati Uniti per seguire Donald Trump, a Kiev per la campagna elettorale di Zelensky, collabora con diversi media ed è autore di 10 libri. Nel 2016, per promuovere la versione inglese de Il Predestinato ha inventato la sua finta candidatura alle primarie repubblicane sotto le mentite spoglie del protagonista del romanzo, il giovane Congressman Alex Anderson. Una case history di cui si sono occupati i principali network di tutto il mondo.

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