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Alex

La mia candidatura alla Casa Bianca

Poi, una sera, l’idea. Perché non dare vita reale ad Anderson? Detto, fatto: a Nardone, che di professione fa il “social media strategist” (cioè lo stratega di mass media) bastano un sito internet, un account su Twitter, qualche elaborazione fotografica, un po’ di inventiva. E molte notti insonni, trascorse in collegamento con l’America al lume di una divertita ambizione, a cercare di spingere il personaggio. Così, incredibilmente, una parte d’America abbocca. Alcuni siti specializzati (da politics1.com a uselections.com) piazzano effettivamente Alex Anderson nell’elenco dei candidati repubblicani. Più di un talk-show lo contatta per averlo in studio.

I giornalisti iniziano a chiedergli interviste. Insomma, Nardone-Anderson si scatena. Piace, perché è serio e simpatico. Propone una nuova Reaganomics liberista, che politicamente funziona benissimo. Lancia slogan e proposte, insieme credibili e incredibili: da un “Less taxes for all” che con qualche ironia ricorda molto da vicino un’antica proposta proiettata anche su grandi manifesti elettorali italiani, fino a un’inverosimile accoppiata, in nome della libertà e della trasparenza, con Edward Snowden, l’ex agente della National security agency, la potente agenzia spionistica.

Il successo del candidato Anderson è veloce e impressionante. Tanto che viene addirittura il sospetto che non sia un caso se alcuni suoi slogan e colori di campagna sembrano copiati da altri candidati. Candidati reali: come la democratica Hillary Clinton, che a un certo punto impiega lo stesso identico punto di celeste (con scritte in rosso) scelto da Anderson per la sua propaganda online.

E candidati della fiction: nell’ultima serie di “House of Cards”, a un certo punto, il presidente Frank Underwood lancia lo slogan “L’impossibile non esiste”, che pare ispirarsi proprio alla scritta “Impossible” coperta da una X, che sul Web campeggia sotto il volto del falso candidato Anderson. La recita va avanti per mesi. Alex Anderson posta su Twitter foto che lo ritraggono in mezzo alla folla che lo acclama (in realtà colleghi e amici, raccolti davanti a un bar di Como, con cartelli che inneggiano al candidato).

Dialoga online con gli elettori, li convince. Punta efficacemente al tema della trasparenza, che altri candidati nel suo campo sono costretti a ignorare. Pubblica gigantografie piazzate su presunti muri d’America, che in realtà sono foto truccate attraverso Photoshop. Battibecca con gli avversari, da Donald Trump a Hillary Clinton: su Twitter li incalza su temi concreti, indica proposte e strade alternative (spesso più convincenti di quelle dei big della politica statunitense).

Written By

Consulente di marketing digitale, docente alla IATH Academy, è autore di 9 libri. È stato inviato di Vanity Fair alle elezioni USA dopo aver fatto il giro del mondo come Alex Anderson, il candidato fake alle presidenziali americane del 2016.

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