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INCHIESTA SULLA CINA

Il trattato Cina-mangiatutto, parte seconda

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La Cina e altri 14 Paesi asiatici o affacciati sul Pacifico, come Giappone, Australia e Nuova Zelanda, hanno appena siglato un immenso trattato di libero scambio, favorito dal protezionismo di Donald Trump. In questa seconda puntata, ecco perché il trattato rischia di regalare a Pechino la supremazia globale in campo economico. E politico.

Per l’Occidente, il nuovo trattato «Regional comprehensive economic partnership» è un disastro politico. Il Rcep rafforza l’influenza economico-politica della Cina su tutta l’Asia e si proietta anche su Giappone, Australia e Nuova Zelanda, che sono tre storici alleati degli Stati Uniti. Grazie al libero scambio nell’area, che vale il 30% dell’economia globale, la Cina diventerà il primo partner economico di tutti i Paesi del Sudest asiatico, del Giappone e della Corea del Sud, e metterà la sua economia nella posizione di dettare le regole commerciali all’intera regione.

Molti osservatori internazionali sostengono che il Rcep accelererà anche il sorpasso dell’economia cinese su quella statunitense, un evento già favorito dargli effetti della pandemia di Covid-19, molto più severi per Washington e per l’Europa che per Pechino (in base ai dati ufficiali dell’Organizzazione mondiale della sanità, in Cina i contagi giornalieri sono in media 20, mentre negli Stati Uniti sono 150-200mila).

In definitiva, il Rcep servirà a isolare commercialmente e politicamente gli Stati Uniti. Ma regalerà a Pechino anche la supremazia tecnologica che Donald Trump ha cercato (inutilmente) di sottrarle con le sue politiche protezionistiche.

Il trattato, infatti, aiuterà Pechino a ridurre la sua dipendenza dai mercati e dalla tecnologia occidentale, un cambiamento accelerato da una frattura sempre più profonda con Washington. In effetti, il presidente-dittatore Xi Jinping ha appena lanciato un nuovo piano quinquennale che punta a liberare le imprese cinesi dalla dipendenza tecnologica occidentale e degli Stati Uniti.

Il Rcep è perfettamente coerente con questa ambizione: permetterà alla Cina di costruire un grande mercato asiatico dove vendere le sue merci, inclusi i prodotti high-tech che ora si prefigge di produrre in casa, e potrà farlo ancora meglio con l’aiuto e utilizzando liberamente i componenti delle imprese giapponesi e sudcoreane.

Il Rcep e il rischio di un isolamento politico degli Stati Uniti

Agli americani resterà, forse, un limitato potere di veto: potranno magari provare a imporre sanzioni a chi cederà la sua tecnologia alla Cina. Ma difficilmente potranno applicarle ai giapponesi e agli australiani, o ai neozelandesi. Anche perché è evidente che il Rcep funzionerà come collante di nuove alleanze politiche.

Secondo Asia Times, una testata online molto attenta all’economia dell’area, il Rcep contribuirà infatti anche alla «risoluzione di conflitti commerciali politicizzati», come quello che oppone Cina e Australia. I due Paesi hanno da tempo forti legami commerciali, ma i rapporti diplomatici sono tesi per le pressioni americane su Canberra. «Con il forte impulso agli scambi bilaterali che verrà dal Rcep» scrive Asia Times «è possibile che gli sforzi degli Stati Uniti per costringere gli alleati come l’Australia a scegliere tra Washington e Pechino vengano frustrati». E lo stesso potrebbe accadere all’India, se deciderà di rientrare nel Recp.

Gli effetti del trattato per l’Europa e per l’Italia

Insomma, come nel gennaio 2017 scriveva sul Sole 24 Ore l’economista Fabrizio Onida osservando l’accelerazione dei negoziati impressa dai cinesi al Rcep dopo il crollo del Tpp, «l’operazione Rcep conferma l’abilità manovriera con cui la Cina nel 2001 aveva negoziato l’ingresso nella World trade organization: oggi Pechino si pone come perno dell’economia asiatica sud-orientale e come riferimento politico alternativo a ogni alleanza panoccidentale».

Del resto, per dimensioni economiche il Rcep dà vita a un blocco molto più importante dell’Unione europea, che ha un Pil di 16.400 miliardi (dati Fmi 2020) e 440 milioni di abitanti. Ed è  evidente che l’accresciuta egemonia cinese su un’area che vale il 30% del commercio globale rafforzerà la sua economia e la sua importanza geopolitica, e questo inevitabilmente verrà fatto valere nei rapporti di forza con Bruxelles.

Quanto all’Italia, nel marzo 2019 il governo Conte ha firmato per primo in Europa i protocolli della Nuova via della seta, e con la maggioranza M5s-Pd il Paese ha assunto un ruolo di ambigua sudditanza nei confronti di Pechino. È presto per dire se questo potrà rappresentare per noi un vantaggio futuro. Quel che è certo è che la crisi americana rischia di spingere molti Paesi nelle braccia del colosso cinese. E la forza che Pechino otterrà grazie al Rcep è un motivo in più. La Repubblica popolare, insomma, fa sempre più paura.

Fine.

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