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La Pandemia ci spinge tra le braccia di Zuckerberg (e degli altri giganti del Web)

Dopo l’avvento degli smartphone – avvenuto il 9 gennaio del 2007 a San Francisco, dove Steve Jobs lanciò l’iPhone – la Pandemia potrebbe essere il secondo grande evento spartiacque nel rapporto tra noi umani e il digitale.

Il primo fu determinante poiché, di fatto, portò il Web dalle nostre scrivanie fin dentro alle nostre tasche: per intenderci, prima per connetterci dovevamo stare al computer e, una volta spento quello, eravamo sostanzialmente liberi.

Ricordate le prime app per i Nokia e il suo sistema operativo Symbian? Al limite dell’inutilizzabilità. Tant’è che non appena uscì, iPhone spazzò via la concorrenza, cambiandoci letteralmente la vita.

Sì, perché da allora miliardi di persone sono perennemente connesse al Web, dove hanno riversato buona parte delle loro relazioni sociali, ma non soltanto: ogni giorno siamo bombardati da milioni di input, che inevitabilmente finiscono col condizionare le nostre scelte e, di conseguenza, la nostra stessa vita.

Più stiamo online e più offriamo ai giganti del Web indizi su ciò che ci interessa e ci piace, su come la pensiamo e su dove vorremmo andare, in merito a quale sarebbe il (o la) partner dei nostri sogni e loro, sfruttando i dati che noi stessi gli forniamo, ci “offrono” le soluzioni migliori per noi: prodotti, servizi, notizie, vacanze, libri e financo fidanzati.

Si chiama profilazione.

L’ecosistema di Facebook

In quest’ottica appare perfino naturale che Mark Zuckerberg abbia annunciato il lancio di Shops: «se non riesci ad aprire fisicamente il tuo negozio o ristorante, puoi comunque prendere ordini online e spedirli alle persone, stiamo vedendo molte piccole imprese, che non hanno mai avuto attività online, comparire per la prima volta su internet», ha affermato durante la diretta.

Ergo, chiunque abbia una pagina su Facebook o un profilo su Instagram potrà implementarli con una vetrina online raggiungendo direttamente i propri clienti che già lo seguono e potendo raggiungerne di nuovi grazie alle sponsorizzazioni dei post, che sono basate proprio sulla profilazione degli utenti. Esempio: vendi biciclette da corsa? Allora paga e fai vedere il tuo annuncio a tutti i fan di Pantani.

Uno strumento che tornerà senz’altro utile a molti, ma che allo stesso tempo evidenzia come la Pandemia stia accelerando il trasloco di altre quote consistenti della nostra vita vissuta dal mondo reale alla nostra dimensione digitale.

È lapalissiano osservare come questa congettura giochi a favore dei giganti del Web in generale e a Facebook in particolare che, come abbiamo spiegato nell’articolo sulla teoria dei 10mila esperimenti, hanno le spalle talmente larghe da potersi permettere di sperimentare in continuazione nuove soluzioni e quindi, per la legge dei grandi numeri, azzeccare quelle giuste.

E noi? Siamo come una candela nel vento: l’unico modo per continuare a tenere accesa la fiamma della nostra personalità è continuare ad alimentarla documentandoci il più possibile e facendoci sempre tante domande, su qualsiasi cosa. Mai come oggi, sapere è potere.

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è consulente di marketing strategico, keynote speaker e docente di branding e marketing digitale all’International Academy of Tourism and Hospitality. È stato inviato di «Vanity Fair» negli Stati Uniti per seguire Donald Trump, a Kiev per la campagna elettorale di Zelensky, collabora con diversi media ed è autore di 10 libri. Nel 2016, per promuovere la versione inglese de Il Predestinato ha inventato la sua finta candidatura alle primarie repubblicane sotto le mentite spoglie del protagonista del romanzo, il giovane Congressman Alex Anderson. Una case history di cui si sono occupati i principali network di tutto il mondo.

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