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Cultura

“Tutti per uno, uno per tutti”

Ve lo ricordate? Un motto perfetto per questo periodo, dove l’unità dovrebbe prevalere sull’individualismo e il bene comune diventare il bene di ognuno. Probabilmente andrebbe ricordato ancora a molti, auspicando che alla ripresa di una pseudo normalità diventi il principio cardine della nostra società.

Responsabilità, altruismo e nobiltà d’animo, questi i sentimenti che accomunavano i memorabili Moschettieri. Che emozione vederli combattere, tutti insieme, uno al fianco dell’altro, con mantello e cappello piumato, eleganti e orgogliosi del loro ruolo. Un racconto, quello de “I tre moschettieri”, tra i più belli della letteratura d’appendice, uscito dalla penna di Alexandre Dumas nel 1844 e che meriterebbe di essere riletto o letto (dai giovani che non lo hanno ancora fatto) per riempire il cuore di energia.

Mettiamo però un po’ di ordine in questa avvincente storia dove i moschettieri, a dispetto del titolo, sono quattro e non tre. Le avventure dei moschettieri sono, in realtà, dei racconti a puntate poiché Dumas, come altri scrittori dell’Ottocento, scriveva le “feuilleton” ovvero quelle rubriche che vennero introdotte per aumentare le vendite dei quotidiani e pubblicate nel taglio basso del giornale, l’appendice appunto. Lo scopo era quello di coinvolgere il popolo e la borghesia nella condivisione di avvincenti storie, dilatate nel tempo, così da creare con il lettore un legame duraturo.

Per cui “I tre Moschettieri” non sono altro che una sorta di antica “soap opera” o serie tv, dove il lettore viene tenuto per mano, di giorno in giorno, alla scoperta della avventure dei cavalieri, pubblicate sul quotidiano parigino “Journal des Débat”. Anche le vicende de “I Miserabili” di Victor Hugo, ad esempio, nascono con questo intento giornalistico e non potete immaginare quanti altri titoli famosi da “Madame Bovary” di Gustave Flaubert a “Ventimila leghe sotto i mari” di Jules Verne, da “Anna Karenina” di Lev Tolstoj a “Il giardino segreto” di Frances Hodgson Burnett.

Una volta terminate le puntate, poi, venivano riunite e pubblicate in un unico libro. Ma quello di Dumas è anche un romanzo storico, poiché riprende e rielabora la storia di personaggi realmente esistiti come il Cardinale Richelieu e Luigi XIII. Ambientato nella Francia del 1600, i moschettieri difendono la nazione al servizio del re. Ma torniamo a D’Artagnan e ai suoi inseparabili amici Athos, Porthos e Aramis perché solo tre erano i moschettieri all’inizio del libro e D’Artagnan lo diventa alla fine del romanzo, quando salva la corona dimostrando altruismo, coraggio e audacia ed ecco formato il meraviglioso quartetto di uomini, che camminano, impavidi, incontro ai lettori per accompagnarli in un’altra avventura.

Ma sapete qua’ è il bello di questa vicenda ? Che sono esistiti davvero, che quei sentimenti di comunione, di altruismo e di sacrificio, che ti fanno diventare lucidi gli occhi quando vedi il film e che ti riempiono l’anima di energia e di forza, sono veri!

D’Artagnan è Charles de Baatz de Castelmore, Conte D’Artagnan. Dumas lo prende in prestito da un romanzo del 1700, scritto da un vero ex moschettiere del re, Gatien de Courtilz de Sandras, che narra la vita del conte. Il cognome D’Artagnan era quello della madre, nobildonna, di cui Charles si vantava, ma alla fine anche lui era un guascone senza soldi, che bighellonava insieme a qualche amico.

E’ anche vero che D’Artagnan divenne un Moschettiere del re, un abile spadaccino e un uomo coraggioso e nobile d’animo, fermo nelle sue posizioni di dover difendere il regno ma soprattutto i principi di lealtà e onorabilità. Ma anche Athos, Porthos e Aramis sono realmente esistiti ed erano, loro quattro, inseparabili amici. Athos era il nome della località da dove proveniva ma lui si chiamava Armand de Sillegue d’Athos d’Auteville ed era il nipote di un famoso capitano dei Moschettieri. Porthos si chiamava Isaac de Portau, figlio di padre notaio e Aramis era Henri d’Aramitz.

Nacquero tutti nel 1600 ed erano quasi coetanei. Furono davvero grandi spadaccini e coraggiosi moschettieri al servizio del re, giovani accomunati dal senso di giustizia e di lealtà. E allora svegliamo i “nostri” giovani dal torpore dei sentimenti nobili, spieghiamo loro che i moschettieri sono esistiti davvero e non sono solo un bel romanzo o un costume di carnevale da indossare per interpretare un eroe fantastico. Non sono personaggi di fantasia ma uomini che hanno creduto nei loro ideali, che hanno condiviso la vita, difendendosi e proteggendosi tra di loro, che hanno portato avanti i principi di altruismo, di collettività e di bene comune.

Uniti nella forza del pensiero. Non appiattiamo i giovani con esempi negativi, smettiamo loro di raccontare che il mondo è corrotto e che vanno avanti solo i furbi e i disonesti. Non è vero, il Mondo è delle persone per bene, che rispettano gli altri, che studiano e che si fanno apprezzare, ognuno per i propri talenti e per le proprie capacità. Il Mondo è di chi tende la propria mano all’altro, non per farlo inciampare, ma per aiutarlo. Un sorriso, una parola o un gesto a volte ti consentono di rimetterti in piedi e riprendere a camminare.

Giovani disorientati, che vagano nella società pensando che il primo fine da raggiungere siano i soldi, il dio denaro. Giovani succubi delle informazioni devianti che arrivano da ogni dove, dalla politica, dalla tv spazzatura, dal web, ce n’è per tutti i gusti. Ma non è così che funziona e spieghiamoglielo. In questo periodo che siamo tutti, obbligatoriamente, in casa, insieme, parliamo delle cose importanti della vita.

E’ vero ci sono i disonesti, i furbi, gli avari, gli avidi, i prepotenti e gli egoisti, ma sono una piccola minoranza, è sempre esistita, dalla notte dei tempi, da Gesù con Giuda, e sempre ci sarà. Raccontiamo loro che soddisfazione si prova quando un progetto va in porto, quando si supera un ostacolo, quando si conclude un buon affare, quando si aiuta una persona in difficoltà. Basta!

Riapriamo le menti e i cuori, la vita è bella e merita di essere vissuta. Facciamo vedere loro i buoni esempi, i giovani che si impegnano a cercare un vaccino, i giovani che tornano a coltivare la terra per creare un concetto diverso di industria agraria, i giovani che progettano, inventano e creano, i giovani che fanno arte, i giovani che fanno volontariato, i giovani che fanno musica, i giovani che lavorano in fabbrica e che se si fermano loro mancano i pezzi per consentire all’economia di andare avanti.

Insegniamo loro che l’unione fa la forza, che le difficoltà le hanno avute tutte le generazioni passate, non solo loro oggi. Ci sono ancora tanti principi da difendere e da portare avanti, il rispetto e l’altruismo non sono degli alieni o degli animali in via di estinzione ma dei sentimenti reali da coltivare e da far crescere.

Non tarpiamo loro le ali, i giovani devono volare e raggiungere le vette per vedere e scoprire ancora tanto. E speriamo che il buon senso e la saggezza che hanno sempre contraddistinto gli italiani nei momenti difficili ci consenta di ricordare, soprattutto oggi, che l’unione fa la forza. I quattro Moschettieri sono esistiti davvero!

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