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POLITICA USA

Tutte le fake news della CNN

La famosa mappa della CNN che distorce la realtà sulla diffusione del Coronavirus dall’Italia verso il mondo – tutto il mondo, compresa l’India ma esclusa la Cina, chissà perché – è solo una delle tante – ha ragione Donald Trump – fake news che il network americano ha raccontato in questi anni.

 

La diffusione di notizie pretenziose da parte della CNN parte dalle elezioni presidenziali del 2016. Nella comunemente diffusa opinione che Donald Trump fosse il candidato più abbordabile per Hillary Clinton, il network ha dedicato spazi al tycoon senza rendersi conto del potenziale che ha offerto all’attuale inquilino della Casa Bianca.

È il presidente della CNN, Jeffrey Zucker ad ammetterlo poco prima della vittoria di Trump: «se abbiamo commesso un errore l’anno scorso, è probabile che in quei primi mesi abbiamo messo – in programmazione, s’intende – troppe manifestazioni della sua campagna». Zucker ha sostanzialmente ammesso che la CNN ha dato visibilità a Trump per fargli ottenere la nomination, in quanto candidato più debole fra i repubblicani con l’intenzione di farlo distruggere, politicamente parlando, dalla Clinton alle elezioni. Il risultato è cosa nota.

Pensate che l’errore sia servito per imparare la lezione? Assolutamente no.

Da novembre 2016, la CNN ha messo in campo tutti i suoi mezzi per demonizzare la presidenza di Trump, in barba alla prudenza giornalistica.

A poco più di un anno di distanza dalle elezioni, ad esempio, la CNN ha diffuso, tramite il reporter Manu Raju, la notizia secondo la quale Donald Trump Jr. fosse stato in possesso, prima del rilascio ufficiale, dei documenti hackerati di WikiLeaks. La portata della notizia era atomica: in pieno Russiagate e con il Procuratore Speciale Robert Mueller alle caviglie della Casa Bianca come un cane quando avvista l’osso, la pronta accusa del figlio del Presidente era ormai certezza. Solo a seguito della smentita e di una serie di articoli del The New York Times sulla vicenda, allora, le acque si sono calmate.

Non è finita qui. Jim Sciutto, anchorman della CNN, sostenne, sempre in pieno Russiagate che Trump fosse a conoscenza di un incontro fra il figlio e i russi. In sostanza, Sciutto, sosteneva che Trump fosse un traditore o, in alternativa, una persona ingenua utilizzata dai russi per danneggiare gli Stati Uniti d’America. Nonostante il The New York Times sia stato il primo a smentire categoricamente le congetture di Sciutto, a distanza di anni, nessuna scusa o ritrattazione da parte del giornalista è arrivata.

Certe volte, però, non sono state le notizie false a preoccupare, bensì le offese gratuite e ingiustificate.

Reza Aslan – esperta religiosa – ha definito il Presidente «pezzo di m***a». Anthony Bourdain, conduttore di programmi di cucina sul medesimo network, ha affermato, seppur ridendo – ma non giustifica la gravità dell’affermazione – che avvelenerebbe Donald Trump con della cicuta.

In alcuni casi, però, giustizia è stata fatta. Thomas Frank, Eric Lichtblau e Lex Harris furono più o meno costretti a rassegnare le dimissioni per la falsa notizia secondo cui Anthony Scaramucci, ex Direttore delle Comunicazioni della Casa Bianca, era direttamente collegato a un fondo di investimento russo da 10 miliardi di dollari e, implicato, nel Russigate e nei rapporti fra Casa Bianca e Cremlino.

È comunemente noto, oramai, che esiste un filo conduttore fra delle notizie non vere, mistificate o, comunque, non completamente corrispondenti alla realtà e la CNN.

L’assenza di imparzialità del network nei confronti del Presidente è una mossa che avvantaggerà Trump in vista del 3 novembre.

La guerra alle notizie, alla verità, per richiamare il sito sul quale scriviamo e il “Ministero della Verità” di George Orwell in 1984, pone una domanda necessaria: chi decide se una notizia è vera o falsa? Il lettore? No. Lo decide il fatto che viene raccontato che, essendo un fatto realmente accaduto, non lascia spazio a libere interpretazioni. Dopo la narrazione asettica, allora – ma solo allora – si possono descrivere i contorni, le storie collegate, le analisi necessarie. Ma le seconde, restano sempre opinioni, mentre i fatti, per fortuna, restano sempre fatti.

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è consulente di marketing strategico, keynote speaker e docente di branding e marketing digitale all’International Academy of Tourism and Hospitality. È stato inviato di «Vanity Fair» negli Stati Uniti per seguire Donald Trump, a Kiev per la campagna elettorale di Zelensky, collabora con diversi media ed è autore di 10 libri. Nel 2016, per promuovere la versione inglese de Il Predestinato ha inventato la sua finta candidatura alle primarie repubblicane sotto le mentite spoglie del protagonista del romanzo, il giovane Congressman Alex Anderson. Una case history di cui si sono occupati i principali network di tutto il mondo.

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