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Coronavirus

I big data ci salveranno dal Coronavirus?

La tutela della privacy è scolpita nel DNA di Orwell e, sia pur con non poche difficoltà, sempre più gente ogni giorno comprende cosa significhi vivere costantemente “sotto controllo”. Oggi, però, l’emergenza si chiama Coronavirus e la grande mole di dati che le Big Tech companies raccolgono quotidianamente su ognuno di noi potrebbe essere utilizzata per debellare l’epidemia.

È possibile che i governi e i “grandi” del Web diano vita ad un’alleanza contro la minaccia globale che risponde al nome di COVID-19?

Insieme contro il Coronavirus

Mentre penso a come la tecnologia potrebbe guidare la lotta contro lo stramaledetto virus, la prima cosa che mi viene in mente è che i dati sono più potenti in presenza di altri dati: più completo è il set di dati, più abbiamo elementi da cui imparare. Ergo, si dovrebbe riuscire nell’impresa di mettere insieme quelli che si combattono ogni santo giorno per contendersi il mercato per creare qualcosa di straordinario: un database universale di informazioni personali e sanitarie.

Le opportunità

Se ricevessimo abbastanza informazioni dai motori di ricerca (tutti, non solo Google), sapremmo dove si ammalano le persone. Se avessimo abbastanza informazioni dai social network (tutti, non solo Facebook, Twitter e Instagram), sapremmo quando le persone iniziano a sentirsi male. Se potessimo disporre di un unico database delle informazioni sanitarie, sapremmo chi si stava ammalando e chi ha più o meno probabilità di ammalarsi.

I set di dati sarebbero enormi, ma popolerebbero strumenti predittivi che potrebbero essere utilizzati per dare ai governi e al personale medico avvertimenti e valutazioni del rischio molto più avanzati rispetto a quelli di cui dispongono attualmente.

Ciò consentirebbe normali attività commerciali fino al raggiungimento di un livello di rischio accettabile, superato il quale si attuerebbero misure preventive per proteggere le persone esposte al pericolo. Molte vite potrebbero essere salvate e l’economia subirebbe un impatto certamente minore.

I pericoli

Nessuno ha mai messo insieme una simile mole di dati in un unico database. Certo, per i malintenzionati diventerebbe subito una preda irresistibile: provate a immaginare il potere pressoché smisurato che darebbe l’accesso a quel database. Il vero e proprio sogno di qualsiasi esperto di marketing e di molte aziende che, ad esempio, potrebbero sfruttarlo per offrire un’assicurazione sulla vita a basso costo all’utente più sano e negarla a chi non è in salute, e fare la stessa cosa con mutui, prestiti bancari, carte di credito, alloggi, assicurazioni auto e così via. L’elenco è infinito.

Cosa dovremmo fare?

Questi dati esistono, è oggettivo. Attualmente, sono dislocati in una moltitudine di luoghi e database diversi, quasi in ogni angolo della Terra. Potrebbero essere uniti, analizzati, organizzati e utilizzati per salvare milioni di vite. D’altra parte, però, è evidente che l’esistenza di un simile database diventerebbe, un minuto dopo aver superato l’emergenza Coronavirus, una tentazione talmente grande da rischiare di tramutarsi in una sorta di buco nero capace di inghiottirci tutti quanti.

La vera sfida è l’anonimato

Esistono diversi modi per utilizzare questi dati mantenendone l’anonimato; siamo in grado, cioè, di estrarre le informazioni di cui necessitiamo cifrando le identità individuali: è chiaro che questo sarebbe uno dei punti più delicati e insieme più difficili da raggiungere (chi ha letto “Errore di sistema” di Edward Snowden sa a cosa mi riferisco).

Questa dovrebbe essere la grande occasione per riunire seriamente tutte le realtà che fanno innovazione ad alti livelli nel mondo, radunando professionisti IT e CEO per mapparne le competenze, sincronizzarle in un network e metterle nelle condizioni di sviluppare soluzioni tecnologiche da mettere al servizio dell’umanità.

Una Grande Alleanza, come in Independence Day

Come ho detto e scritto in svariate occasioni, ritengo che il Web debba tornare a essere il luogo veramente libero, ricco di informazioni e opportunità che era sostanzialmente fino all’avvento degli smartphone.

Da allora – correva l’anno 2007 – i nostri cervelli sono letteralmente bombardati da miliardi d’informazioni non filtrate e manipolate dai pregiudizi algoritmici di chi è riuscito nell’intento di monopolizzare i mercati di informazione e comunicazione fondendoli in un tutt’uno in cui verità e menzogna vengono scomposti e ricomposti a loro piacimento, con fini tutt’altro che benevoli. In tre parole: danaro, potere e controllo.

Ora, è evidente che un’operazione del genere dovrebbe presupporre una presa di coscienza da parte di tutte le parti in causa: dai leader mondiali, ai grandi player del Web che vedete nell’immagine di copertina, a chi (e sono tanti) trae vantaggio dal sistema che hanno creato. In buona sostanza bisognerebbe fare come nel film Independence Day, quando gli eserciti di tutto il mondo si coalizzarono per sconfiggere gli invasori alieni. Tutti uniti contro il Coronavirus.

Il problema è che a guerra vinta e crisi superata, a qualcuno passerà sicuramente per la testa di appropriarsi dell’arma di gran lunga più potente della storia dell’uomo che, come avrete certamente capito, non è l’atomica ma quella che controlla tutte le informazioni che ci riguardano.

Written By

è consulente di marketing strategico, keynote speaker e docente di branding e marketing digitale all’International Academy of Tourism and Hospitality. È stato inviato di «Vanity Fair» negli Stati Uniti per seguire Donald Trump, a Kiev per la campagna elettorale di Zelensky, collabora con diversi media ed è autore di 10 libri. Nel 2016, per promuovere la versione inglese de Il Predestinato ha inventato la sua finta candidatura alle primarie repubblicane sotto le mentite spoglie del protagonista del romanzo, il giovane Congressman Alex Anderson. Una case history di cui si sono occupati i principali network di tutto il mondo.

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