Il Web Summit è alla sua decima edizione e da qualche anno si tiene a Lisbona. Secondo Forbes si tratta della «miglior conferenza tech del pianeta» e, infatti, i numeri sono a dir poco impressionanti: 1.800 startup, 1.500 investitori e 2.000 rappresentanti dei media per un totale di oltre 70.000 partecipanti giunti in Portogallo da ben 163 Paesi.
L’evento rappresenta una delle piazze più importanti per il confronto sui temi del tech e lo dimostrano gli importanti relatori che si sono avvicendati sui palchi della struttura.
Alesandro Nardone, CEO & Founder di Orwell, è tra i partner dell’evento avendo così modo di vivere in prima persona il Web Summit. Ce ne parla in questa intervista.
Alessandro, prima di tutto, le tue impressioni generali sul Web Summit; l’ambiente, l’atmosfera, le persone.
Se dovessi dargli un titolo utilizzerei “Web Summit, la capitale di un paese chiamato Futuro”, perché rende l’idea dell’enorme quantità di futuro che c’è qui, tutta insieme. Parliamo di un concentrato di cervelli, idee, aziende, media e istituzioni provenienti da ogni parte del mondo per contaminare ed essere contaminati. Chi viene al Web Summit non ha un obiettivo preciso, si lascia trasportare dall’onda ben sapendo che ogni singolo contatto potrebbe poi trasformarsi in un partner, un investitore, un cliente o anche soltanto in semplice spunto di riflessione. In ognuno di questi casi significa che esserci è servito per fare business, oltre che per ampliare le nostre vedute e dare visibilità al nostro brand.
Edward Snowden, del cui libro abbiamo pubblicato la recensione qualche settimana fa, è stato la guest star della serata di apertura con un discorso molto deciso su privacy, big tech companies e utilizzo della tecnologia. Cosa ti ha colpito di più?
Seguendolo praticamente da sempre e avendo letto il suo libro, devo dire che nel suo intervento ho ritrovato molti argomenti che conosco e che ovviamente condivido. Al di là dei contenuti, ogni volta che interviene la cosa che mi colpisce di più è che a un certo punto razionalizzo che noi lo ascoltiamo da persone libere, stando comodamente seduti in platea o davanti a un computer, mentre Edward invece non lo è, perché ha rinunciato alla propria libertà individuale per difendere la nostra. Per questo dal 2013 sfrutto ogni occasione utile per divulgare la sua storia che, ahinoi, alle nostre latitudini è ancora poco conosciuta.
«Cosa accade quando le istituzioni più potenti nella società diventano le meno responsabili?» Questa è una delle domande che Snowden ha posto alla platea. Cosa ne pensi, anche in relazione all’attività di Orwell?
Anzitutto che dobbiamo partire dalla consapevolezza. Mi spiego: finché continueremo a ignorarne l’attività spionistica e manipolatoria, i rispettivi governi potranno continuare indisturbati a controllarci e a “orientare” le nostre decisioni, e quindi anche le nostre vite. Per questo Snowden è così scomodo, perché ha aperto uno squarcio di verità mostrando all’umanità intera come stanno realmente le cose. Dal canto suo, Orwell è una realtà animata da una vision che va esattamente nella direzione tracciata da Snowden, ovvero spezzare il duopolio che Google e Facebook hanno imposto ai mercati di comunicazione e informazione rimettendo al centro la persona, le sue qualità e anche il merito. Sono convinto che partendo da questo presupposto Internet tornerà ad essere il luogo meraviglioso che era fino all’avvento degli smartphone.
Difatti, l’appello fondamentale di Snowden è quello di riappropriarci di Internet, smuovendo la nostra coscienza. Si tratta di un messaggio valido per ogni essere umano e, soprattutto, per le nuove generazioni, la cui privacy è tutt’altro che scontata. Come reagire e riappropriarci di internet, o, meglio fare in modo che ci sia qualità nella nostra vita digitale?
È meno difficile di quanto sembri: sta a noi prendere coscienza e cambiare approccio al digital. Ne ho scritto diffusamente anche nel mio ultimo libro (Orwell, ndr), spiegando come esistano applicazioni come Quality Time che ci aiutano a non lasciarci fagocitare dalle centinaia di notifiche da cui siamo costantemente bombardati. Quello della frammentazione del tempo è un tema fondamentale, perché la compromissione della nostra attenzione altera negativamente la nostra resa sia sul lavoro sia nei rapporti personali: cosa che, come spiega correttamente Snowden, diventa uno strumento efficacissimo nelle mani di chi vuole manipolare le nostre opinioni. Per certi aspetti riconquistare Internet è un po’ come smettere di fumare: il difficile è cominciare, ma con il passare dei giorni ci si abitua.