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Innovazione

Competence center: storia, opportunità e lacune

Impegno nell’innovazione, supporto alle imprese, formazione dei lavoratori. I Centri di competenza ad alta specializzazione, comunemente chiamati “Competence center”, sono dei luoghi per lo sviluppo di progetti innovativi in partenariato tra pubblico e privato.

Nati nel 2017 per volere dell’allora governo Renzi con l’intento di incoraggiare le imprese e le Università a credere nell’innovazione, ad oggi sono 8 quelli attivi in varie parti d’Italia.

Rispetto ai Digital Hub, i Competence center operano a livello nazionale e offrono servizi direttamente all’impresa. Nonostante questi sfozi, l’Italia rimane ancora indietro in quanto a digitalizzazione del mondo produttivo: da un lato perché si continua a investire poco nelle nuove tecnologie, dall’altro perché il mondo imprenditoriale e accademico risulta troppo ancorato ai vecchi registri.

NASCITA E SVILUPPO DEI COMPETENCE CENTER 

Come detto, nascono nel 2017 (in realtà sarebbero dovuti nascere un anno prima) per effetto del Piano nazionale Industria 4.0, promosso da Carlo Calenda, all’epoca Ministro per lo sviluppo economico. I soldi messi a disposizione per il primo bando ammontavano a 40 milioni, per un massimo teorico di 7,5 milioni di finanziamento per ogni singolo polo. La legge, tuttora in vigore, prevede il rinnovamento dell’erogazione di fondi a cadenza annuale in base agli obiettivi conseguiti e ai programmi futuri.

Così, negli ultimi due anni sono nati 8 Competence Center in Italia e tutti hanno specializzazioni diverse. Il primo è Manufacturing 4.0 del Politecnico di Torino, promosso dall’Università del capoluogo piemontese assieme a ventiquattro aziende private. Si occupa di digitalizzazione delle imprese manifatturiere. Il Progetto Bi Rex, guidato dall’Università Alma Mater di Bologna con consorzio di 57 aziende, invece, si occupa di Big data. Made in Italy 4.0, del Politecnico di Milano, e Smact, a Padova, assistono le imprese nell’adozione di tecnologie digitali come pure Start 4.0 a Genova. A Pontedera, in provincia di Pisa, c’è Artes 4.0, specializzato in robotica e intelligenza artificiale, mentre a Roma si trova il Ciber 4.0. L’unico Competence Center del Meridione è Industry 4.0, dell’Università degli Studi di Napoli, Federico II.

COSA FANNO I COMPETENCE CENTER?

Come detto, il compito principale è quello di assistere le imprese nei processi di trasformazione digitale e favorire il trasferimento tecnologico attraverso la formazione. Per le imprese si tratta di un’opportunità assai vantaggiosa, perché i costi dei servizi sono inferiori rispetto a quelli che richiederebbe una società privata. Alle imprese consente di aggregarsi e di avere uno scambio di competenze in continuo aggiornamento.

Per i piccoli distretti industriali (per esempio Pontedera) i Competence Center rappresentano degli strumenti di promozione e visibilità.

Oltre ai servizi di supporto alle imprese, negli ultimi tempi, sono stati soprattutto i bandi i servizi più pubblicizzati. Gli ultimi due avvisi emessi dal Competence Center del Piemonte e da Smact parlano rispettivamente di oltre 1 milione di euro destinati a micro imprese, Pmi e startup e di 1,8 milioni (previsto anche un cofinanziamento da 200.000 euro) per tutte le aziende.

MA L’ITALIA È ANCORA INDIETRO

L’idea originale era quella di favorire la digitalizzazione di imprese e Università, così da rendere l’Italia un Paese più competitivo nel quadro dell’economia internazionale. Nonostante il progetto sia partito con tante buone intenzioni e i Competene Center si stiano muovendo nella direzione giusta, in Italia, però, manca ancora una visione strategia dell’innovazione.

Per la fondazione Adapt, che studia i nuovi fenomeni legati all’occupazione, la creazione dei Competence Center non basta; occorre una nuova politica che tenga conto delle ripercussioni lavorative della digitalizzazione.

In altri Paesi del mondo la collaborazione fra atenei e società private è ormai una realtà consolidata. L’esempio più famoso riguarda la Silicon Valley, ma anche in Cina stanno nascendo nuovi poli tecnologici (i più importanti a Shangai) enell’area di Tokio sono sempre di più i centri di aiuto per le start-up. In Europa, la Germania ha varato il piano Mittelstand 4.0 – Digital Production and Work Processes che prevede anche la possibilità di fare test applicativi sulle nuove tecnologie.

Insomma, il gap tecnologico con gli altri Paesi è ancora alto e per colmarlo occorre, più che un ulteriore finanziamento pubblico, cambiare radicalmente l’attuale mentalità imprenditoriale.

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è consulente di marketing strategico, keynote speaker e docente di branding e marketing digitale all’International Academy of Tourism and Hospitality. È stato inviato di «Vanity Fair» negli Stati Uniti per seguire Donald Trump, a Kiev per la campagna elettorale di Zelensky, collabora con diversi media ed è autore di 10 libri. Nel 2016, per promuovere la versione inglese de Il Predestinato ha inventato la sua finta candidatura alle primarie repubblicane sotto le mentite spoglie del protagonista del romanzo, il giovane Congressman Alex Anderson. Una case history di cui si sono occupati i principali network di tutto il mondo.

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