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POLITICA USA

Democratici al IV dibattito: divisi su tutto tranne che sull’impeachment

Martedì notte, in Ohio (tarda mattinata di ieri in Italia) si è tenuto il quarto dibattito democratico. Questa volta erano in dodici sul palco che hanno risposto a dodici domande, con l’aggiunta di una tredicesima di stampo personale.

Il primo argomento trattato, effettivamente scontato, riguarda l’impeachment del presidente. I candidati sono stati concordi nell’affermare che Trump li ha obbligati ad agire con le sue azioni sulla Russia e sull’Ucraina. I riflettori – anche questo era altrettanto scontato – rimanevano puntati su Joe Biden. L’ex vicepresidente di Barack Obama si è difeso dichiarandosi “orgoglioso” di suo figlio Hunter ma aggiungendo che, qualora fosse eletto presidente, non gli permetterebbe di far parte di un CdA di una società straniera; cosa già anticipata dallo stesso Biden la settimana scorsa.

Biden ha poi attaccato duramente Rudy Giuliani, affermando che è l’unico in grado di sconfiggere l’attuale inquilino della Casa Bianca. Unanime è stata il coro sulla richiesta ai repubblicani di votare anche loro contro il presidente.

Gli occhi sono stati puntati anche su Elizabeth Warren, ritenuta ormai la front-runner (la candida più forte) e, quindi, divenuta il nuovo bersaglio su cui mirare. La Warren è stata attaccata sul suo progetto Medicare For All. La senatrice, incalzata su come trovare le risorse economiche per un progetto così ambizioso, ha affermato di volere un piano che preveda «l’aumento delle tasse per le società e la riduzione per la classe media».

Sull’assistenza sanitaria, com’è noto, i punti di vista della Warren e del senatore Sanders sono affini e, ovviamente, contrapposti rispetto a quelli di candidati più moderati come Biden, Buttigieg e Klobuchar. Proprio quest’ultima, senatrice del Minnesota, ha attaccato la collega Warren, definendola “disonesta”: «Sanders è onesto, la Warren no. La Warren porta avanti i piani dei repubblicani per distruggere l’Obamacare». Anche molti ltri candidati hanno bollato il piano della Warren come “non realistico”.

La senatrice Kamala Harris, in netta discesa nei sondaggi e, anche durante questo dibattito, anonima come nei precedenti, ha focalizzato l’attenzione sull’aborto, anticipando, di fatto, una delle domande per gli sfidanti. Si può affermare che sia lei, sia Beto O’Rourke, ormai troppo distanti dalle posizioni di testa e riscuotono consenso e applausi solo sui loro argomenti di forza, divenuti, agli occhi degli addetti ai lavori, fin troppo ripetitivi e scontati.

Sulle armi, per esempio, l’ex congressman texano ha ricordato la sparatoria estiva di El Paso, accusando il presidente di esserne colpevole, grazie alla sua retorica xenofoba e razzista. Il sindaco di South Bend, Pete Buttigieg, ha incalzato O’Rourke, affermando che «non si può attendere un purity test prima di consegnare un’arma a delle persone e che sarebbe più facile iniziare a limitare la vendita di armi d’assalto».

Joe Biden, forte delle sue storiche vittorie contro l’NRA, ha riscosso successo ricordando le sue battaglie. La senatrice Klobuchar, al contrario, ha ricordato ai colleghi come il leader della maggioranza repubblicana al Senato, Mitch McConnell, abbia bloccato una serie di proposte contro la violenza causata dalle armi e che «qualora divenisse presidente, sarà promotrice di una risoluzione bipartisan».

Sulla lotta alle disuguaglianze Bernie Sanders, ha dato il meglio di se stesso. Il senatore, interrogato anche sul suo stato di salute a seguito dell’infarto e della sospensione della campagna elettorale, ha affermato di sentirsi molto bene, per poi aggiungere «non sono sotto effetto di marijuana medica», fra le risate del pubblico e i sorrisi degli altri sfidanti, Sanders ha poi colto l’occasione per invitare il pubblico a partecipare al suo prossimo evento che si terrà a New York sabato 19 ottobre. A tale proposito – è notizia delle ultime ore – l’endorsement di Alexandria Ocasio-Cortez a favore del senatore del Vermont. L’annuncio ufficiale si avrà appunto sabato nel corso dell’evento.

Sia a Joe Biden che ad Elizabeth Warren è stato chiesto se la loro età costituisse un problema. L’ex vicepresidente si è definito come l’unico in grado di guidare questo Paese con “saggezza”. La senatrice, al contrario, ha detto che «i democratici vinceranno solo se riusciranno a portare tutti i loro elettori al voto e a dare loro le motivazioni giuste per farlo».

Argomento scottante è stato l’attuale attacco turco contro il popolo curdo. Biden ha definito “shameful” (vergognoso) il comportamento di Trump, mentre Sanders ha incalzato affermando che «la Turchia non sarà mai più alleato degli Stati Uniti».

Come anticipato, altro argomento di forte impatto è stato l’aborto. La senatrice californiana Harris, fra gli applausi del pubblico, ha definito l’aborto come una questione fondamentale di giustizia per le donne: «è il corpo di una donna, il suo diritto e deve essere una sua decisione». La senatrice Klobuchar, nell’attaccare Trump definendolo «non dalla parte delle donne», ha sia ricordato che l’amministrazione ha tagliato i fondi al Planned Parenthood, sia che l’unico modo di difendere l’aborto è quello di far diventare la Roe vs Wade una legge federale. Tulsi Gabbard – abbastanza mediocre questa sera – ha detto di essere d’accordo con Hillary Clinton, definendo l’aborto come «sicuro, legale e raro».

La questione si è poi spostata sul piano politico. Biden ha affermato di non voler aumentare il numero di giudici della Corte Suprema per salvaguardare l’aborto, ed è stato attaccato da Buttigieg, il quale, invece, intende innalzare il numero di giudici che compone l’attuale Corte, specialmente per depoliticizzarla. Elizabeth Warren, in conclusione, ha affermato che «non dobbiamo lasciare la questione alla Corte Suprema, ma rispondere mediante la democrazia, perché è qualcosa che ci sta davvero a cuore».

Non sono mancati, verso la fine del dibattito, complimenti da Biden verso la Warren. La senatrice, nel dichiarare che, se eletta, vuole abolire il filibuster e combattere la corruzione, ha ringraziato il presidente Obama «per aver combattuto duramente per fare in modo che il Consumer Financial Protection Bureau (CFPB) diventasse realtà».

Come detto, l’ultima domanda è stata personale e non tecnica. È stato chiesto ai candidati di parlare “dell’amicizia e di chi li ha sorpresi di più”.

Kamala Harris ha nominato Rand Paul come suo “sorprendente amico”. La Warren ha citato Charles Fried, ex esponente dell’amministrazione Reagan, che l’ha aiutata a essere assunta ad Harvard. Amy Klobuchar, Bernie Sanders e Joe Biden hanno nominato, con un pizzico di emozione, John McCain: «Mi manca ogni giorno», ha detto la senatrice; «sui veterani abbiamo fatto un ottimo lavoro insieme», ha aggiunto Sanders; «è stato un grande uomo di principio, un uomo di onore», ha affermato Biden.

Tirando le somme, quindi, sale il borsino di Sanders. Biden rappresenta il punto d’incontro moderato fra tutte le posizioni, ma Buttigieg (che ha battuto O’Rourke sulle armi) e Klobuchar (ottima serata per lei) hanno dimostrato di poter intercettare il suo bacino elettorale nel caso in cui Biden abbia dei problemi. Elizabeth Warren, nuova front-runner, è stata al centro dell’attenzione e sotto continui attacchi. Questa posizione di momentaneo vantaggio, quindi, potrebbe rivelarsi un boomerang.

Nota di demerito per Kamala Harris e Beto O’Rourke: come detto più volte, auspichiamo che tornino presto a fare rispettivamente la senatrice e il deputato. La Casa Bianca, per loro, oggi, è irraggiungibile.

Erano dodici, tecnicamente tutti in corsa per la presidenza. Due terzi, ad oggi, sembrano più intenzionati a correre per la vicepresidenza. Anche questo è shameful.

Ultima nota: dodici su un palco sono troppi. Le posizioni dei singoli candidati e l’assenza di dichiarazioni d’apertura non rendono merito allo spettacolo che dovrebbe regnare sovrano.

 

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è consulente di marketing strategico, keynote speaker e docente di branding e marketing digitale all’International Academy of Tourism and Hospitality. È stato inviato di «Vanity Fair» negli Stati Uniti per seguire Donald Trump, a Kiev per la campagna elettorale di Zelensky, collabora con diversi media ed è autore di 10 libri. Nel 2016, per promuovere la versione inglese de Il Predestinato ha inventato la sua finta candidatura alle primarie repubblicane sotto le mentite spoglie del protagonista del romanzo, il giovane Congressman Alex Anderson. Una case history di cui si sono occupati i principali network di tutto il mondo.

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