È ufficiale: al governo sono tutti innovatori con il rischio d’impresa degli altri. Intendiamoci, a parole sono bravissimi, pensate che hanno istituito nientepopodimeno che il Ministero dell’Innovazione e che durante le fiere, in giro per il mondo, ministri e sottosegretari sono sempre presenti.
Grandi parole sull’innovazione, una spruzzatina di «orgoglio per le startup italiane», una manciata di «faremo», un pizzico di «investiremo su di voi», foto di rito, interviste entusiastiche e il gioco è fatto.
Peccato, però, che a 60 giorni dall’inizio di una crisi epocale, alle 13mila startup e PMI innovative presenti in Italia il governo non abbia ancora destinato il becco di un quattrino. Niente di niente.
Certo, è molto più semplice starsene in prima fila e lasciare gli imprenditori soli in prima linea: donne e uomini che hanno investito tutto ciò che avevano – spesso non soltanto in termini economici – nel progetto che hanno ideato, studiato, costruito e fatto crescere, facendo innovazione e creando opportunità, posti di lavoro, indotto e… sì, anche speranza in un paese che ne concede poca.
Eppure, un comparto che altrove è tutelato come si deve, da noi è utilizzato come vetrina e poi, nel momento del bisogno, completamente dimenticato.
Questo significa che migliaia di giovani aziende che sono partite da poco e che quindi hanno investito per sviluppare le proprie tecnologie, costruirsi una struttura e cominciare a posizionarsi sul mercato, per il momento hanno speso senza ancora aver iniziato a guadagnare. Va da sé che, in attesa della ripartenza, abbiano bisogno della liquidità necessaria per continuare a sostenere le spese, che il decreto “Cura Italia” garantisce attraverso il prestito di una cifra «fino al 25% del fatturato».
Ergo, le startup che fino ad ora hanno solo investito, anziché essere aiutate sono completamente tagliate fuori da qualsiasi forma di aiuto.
Ora auspichiamo che gli appelli lanciati negli ultimi giorni vengano recepiti dal governo che, come primissima cosa, dovrebbe garantire al 100% prestiti pari al massimo valore tra il 25% del fatturato e il totale dei costi sostenuti nel 2019: misura, questa, da varare immediatamente, perché ogni giorno che passa potrebbe significare la morte di un numero indefinito di startup e PMI innovative e, insieme a ognuna di loro, di un pezzo del futuro dell’Italia.