«Il popolo si abitua a tutto» è una delle frasi più ricorrenti delle ultime settimane: un concetto che in molti riprendono per constatare che noi italiani non protestiamo mai. Per intenderci: cos’altro deve accadere perché la gente faccia sentire la sua voce?
Perché nessuno prende posizione neppure di fronte alla “discutibile” (eufemismo) gestione della crisi, agli aiuti promessi e in troppi casi non ancora arrivati, all’affossamento dell’economia, alla sospensione della libertà, a mille regole scritte affinché non siano capite e all’ennesimo 2 di picche rimediato in Europa?
Una questione sempre attuale in un paese mediamente malgovernato come l’Italia, che oggi diventa di una centralità assoluta, soprattutto se pensiamo che ci sono voluti ben 2 mesi prima che una parte delle opposizioni (Fratelli d’Italia e Lega) si svegliassero dal letargo e cominciassero a fare il loro mestiere prendendo finalmente posizione contro uno dei governi peggiori dell’intera storia repubblicana.
Eppure, nonostante tutto, la maggioranza degli italiani si ostina a crogiolarsi sotto al piumone della compagine guidata da Giuseppe Conte, senza rendersi conto che in realtà si tratta di coperta di nulla distesa sopra a un letto di parole. Avete presente la scena del letto in Totò e Peppino divisi a Berlino? Ecco.
A proposito di scene esplicative del concetto, ce n’è una che fa al caso nostro nel Nerone di Ettore Petrolini, quando si rivolge a Poppea che lo invita a persuadere il popolo arrabbiato con lui perché aveva incendiato Roma «sta bene, parlerò al popolo, ma non mi lasciate solo […] il popolo è ignorante, vò li quatrini…».
Dopodiché attenzione, perché le similitudini sono addirittura disarmanti: «stupida, ignobile plebaglia! Così ricompensate i sacrifici fatti per voi? Ritiratevi, dimostratevi uomini e domani Roma rinascerà più bella e più superba che pria…», a quel punto la voce del popolo comincia ad acclamarlo, interrompendolo con un «bravo!» qualsiasi parola egli pronunciasse.
«È piaciuta questa parola… pria… il popolo quando sente le parole difficili si affeziona […] Lo vedi all’urtimo com’è il popolo? Quando si abitua a dire che sei bravo, pure che nun fai gnente, sei sempre bravo!»
Vi ricorda qualcosa?
Considerate che la commedia fu scritta dallo stesso Petrolini nel 1917, che 13 anni più tardi ne fece il film di cui vi proponiamo la scena qui sotto.
Ora, è evidente come l’intenzione fosse quella di fare il verso alle tecniche affabulatorie dei governantti di turno, sempre pronti a mistificare la realtà approfittando, così, dell’ingenuità della massa, che nonostante l’evidenza dei fatti sarà sempre lì, pronta a gridargli un bel «bravo!».
Dall’imperatore al conte il passo è breve, speriamo solo che la sua deposizione arrivi prima che Roma finisca di bruciare.