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Interviste

Sergio Gaddi: «Dal “miracolo” Forza Italia al boom di Salvini»

Giungiamo all’ultima parte di questa intervista dopo che Sergio Gaddi ci ha raccontato come fu letteralmente costruito il “miracolo Forza Italia” e il clima che si respirava in quei mesi di profondo cambiamento, sia politico che sociale.

Adesso facciamo un balzo in avanti, e arriviamo ai giorni nostri: è oggettivamente innegabile che Matteo Salvini sia l’artefice di un altro miracolo di comunicazione politica, addirittura, per certi aspetti, dovendo affrontare un coefficiente di difficoltà maggiore rispetto al Berlusconi del ’94, che deriva dalle condizioni in cui rilevò il brand Lega Nord che, è bene ricordarlo, veniva dalle vicende giudiziarie che travolsero Bossi, Belsito e altri. Quali sono, a tuo avviso, le principali differenze tra i due fenomeni politici?

La differenza sta nella cultura di fondo. Berlusconi ha sempre fatto riferimento ai principi della tradizione liberale e cattolica. Ha reso comprensibile per tutti l’idea di fondo della “rivoluzione liberale”, dove una minor presenza dello Stato significa più libertà, più ricchezza e quindi più risorse per chi ha bisogno. Ma tutto ciò sempre in un quadro di grande unità nazionale e di amore per il proprio Paese, teatro nel 2002 dello storico incontro tra Bush e Putin del quale Berlusconi è stato il regista.

Invece Salvini a cosa si ispira?

La sua visione è basata su un approccio completamente individualista, nel senso di considerare la propria personalità come punto di riferimento dell’azione politica. Tutto ciò è perfettamente in linea con i tempi che stiamo vivendo, ma credere di bastare a se stessi senza un punto di riferimento ideale e senza solide basi culturali può essere molto pericoloso.

Berlusconi usava la tv con la stessa efficacia con cui Salvini utilizza il web: cambiano i canali, cambiano le forme di comunicazione, ma il video rimane sempre il tipo di contenuto più efficace, anche in tempi di second screen.

Il bello della comunicazione televisiva è che non perdona ed è spietata: si vede subito chi funziona e chi no. In questo senso è anche molto democratica, perché internet è aperto a tutti e la capacità di “bucare” il video può appartenere a chiunque, come i 15 minuti di celebrità promessi da Andy Warhol. Detto ciò, guai a credere solo a chi “funziona” televisivamente. Le idee e i contenuti vengono sempre prima di tutto, ed è splendidamente vero il pensiero di Eco quando dice che “i social media hanno dato diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un premio Nobel”. Personalmente auspico uno “slow internet”, per trasmettere contenuti prima che emozioni, per cercare la verità e la riflessione e non solo l’eccitazione sguaiata dell’istante.

Dovremmo pensare a una norma che vieti di riportare o commentare una notizia per 24 ore…?

Forse ci vorrebbe davvero, perché l’ansia del tempo reale a tutti i costi e per qualsiasi cosa sta mortificando ogni capacità di analisi. E’ drammatica la realtà dei ragazzi che non comprendono i testi in italiano o non sanno più scrivere in corsivo. Internet è uno strumento utile, ma non un surrogato di mondo dove passare la vita. E la sua anima sana dev’essere ricca di cultura e di bellezza, chiavi necessarie per esercitare un pensiero critico sulla realtà.

Come non essere d’accordo? Prima di chiudere un’ultima domanda: come andò a finire la tua tesi su Fininvest?

Molto bene. Durante la discussione feci qualche accenno sul ruolo di Berlusconi nei possibili scenari futuri, e il presidente della commissione sorrideva con un certo scetticismo. Si chiamava Stefano Podestà e, ironia della sorte, poco dopo lo incontrai come partecipante alle selezioni. Poi diventò Ministro dell’Università del primo governo Berlusconi.

Pazzesco. Senti Sergio, sei telegenico, hai successo nella tua professione e vai d’accordo col congiuntivo: come mai tu non hai mai avuto ruoli di quel tipo?

Il punto debole dei sovrani sono sempre le corti. Non ho mai avuto il phisique du role del cortigiano, e in più sono anche il peggior PR di me stesso!

Written By

è consulente di marketing strategico, keynote speaker e docente di branding e marketing digitale all’International Academy of Tourism and Hospitality. È stato inviato di «Vanity Fair» negli Stati Uniti per seguire Donald Trump, a Kiev per la campagna elettorale di Zelensky, collabora con diversi media ed è autore di 10 libri. Nel 2016, per promuovere la versione inglese de Il Predestinato ha inventato la sua finta candidatura alle primarie repubblicane sotto le mentite spoglie del protagonista del romanzo, il giovane Congressman Alex Anderson. Una case history di cui si sono occupati i principali network di tutto il mondo.

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